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Quando Moggi si oppose al rinvio della Serie A per la morte di Papa Wojtyla: “Non conveniva alla Juventus”



La recente scomparsa di Papa Francesco ha avuto un impatto profondo su milioni di cattolici e non solo. In segno di lutto, il governo italiano ha proclamato cinque giorni di lutto nazionale e il mondo del calcio si è fermato lunedì 21 aprile, giorno in cui erano in programma numerose partite di ogni categoria professionistica. La stessa pausa si estenderà anche al giorno dei funerali, fissati per il 26 aprile. Tuttavia, la decisione di posticipare le partite ha sollevato diverse polemiche, in particolare per il rinvio di alcune gare di Serie A, tra cui quella tra Inter e Roma. Un evento simile era accaduto vent’anni fa, quando Giovanni Paolo II morì e il calcio si fermò.



La decisione di fermare il campionato di Serie A era prevedibile, ma ha suscitato discussioni. L’interruzione delle attività calcistiche è avvenuta in un contesto simile a quello del 2005, quando il lungo pontificato di Giovanni Paolo II si concluse. In quell’occasione, il turno di campionato previsto per il 2 e 3 aprile fu rinviato di una settimana. Papa Wojtyla era gravemente malato e i suoi ultimi giorni furono caratterizzati da un calvario. La sospensione del calcio fu vista come una scelta di buonsenso, e il campionato riprese regolarmente la settimana successiva, proseguendo fino alla fine di maggio.

Tuttavia, la storia ha rivelato che dietro a queste decisioni ci sono state dinamiche più complesse. Un anno dopo la morte di Giovanni Paolo II, emerse lo scandalo Calciopoli, che travolse il calcio italiano. Nel maggio del 2006, iniziarono a circolare notizie riguardanti intercettazioni telefoniche che coinvolgevano figure di spicco del mondo calcistico, tra cui l’allora ministro degli Interni Beppe Pisanu e Luciano Moggi, direttore generale della Juventus.

Papa Wojtyla morì sabato 2 aprile 2005, e quel giorno erano programmate diverse partite di Serie A, così come incontri di Serie B e C. Con il peggiorare delle condizioni del Pontefice, la possibilità di una sospensione delle partite divenne sempre più concreta. Nelle ore precedenti alla sua morte, Moggi e Pisanu ebbero una conversazione telefonica in cui discutevano proprio di questa eventualità. Durante la chiamata, Pisanu esprimeva preoccupazione per la reazione dei tifosi nel caso di un’improvvisa sospensione delle partite.

Il ministro affermò: “La cosa peggiore è se il Papa morisse un’ora prima della partita, a quel punto si sospendono le partite”. Moggi, con prontezza, rispose: “Tu fai partire l’ordine che nel caso il Papa muore anche cinque minuti prima non si fa la partita, così sanno perfettamente come si devono comportare”. Questo scambio di opinioni evidenziava non solo la preoccupazione per l’ordine pubblico, ma anche l’importanza di gestire le emozioni dei tifosi in un momento così delicato.

Successivamente, Moggi informò Antonio Giraudo, amministratore delegato della Juventus, riguardo alla conversazione avuta con Pisanu, rivelando il suo vero interesse per il rinvio delle partite. Moggi spiegò che la sospensione non sarebbe stata solo una questione di rispetto per il Pontefice, ma anche una manovra strategica per affrontare una situazione di svantaggio rispetto alla Fiorentina, che si trovava senza alcuni giocatori chiave.

La Fiorentina era priva di quattro calciatori, due dei quali erano squalificati. Moggi cercava di ottenere un rinvio per garantire che la Juventus non entrasse in campo in condizioni sfavorevoli. Di conseguenza, la Lega Calcio decise di rinviare l’intero turno di campionato, che riprese il weekend successivo. La partita tra Fiorentina e Juventus si disputò il 9 aprile, terminando con un pareggio di 3-3, un incontro caratterizzato da un intenso scambio di gol.



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