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Pianse la moglie morta per cinque anni, ma un giorno, entrando in cucina, rimase senza parole



Per cinque anni pianse la moglie defunta, ma un giorno, entrando in cucina, rimase pietrificato nel vedere, nella sua casa, i fiori che quella stessa mattina aveva lasciato sulla sua tomba.
11 aprile 2025 – admin



Sergei aveva cambiato università all’inizio dell’ultimo anno. Arrivò in un’aula dove gli studenti avevano già consolidato le loro abitudini: i posti in fondo erano tutti occupati, come sempre. Solo un posto era libero — proprio accanto ad Anna, la ragazza silenziosa che tutti rispettavano, ma che nessuno osava disturbare.

Da quel giorno, Sergei cominciò a sedersi accanto a lei. All’inizio parlavano poco, poi, a poco a poco, iniziarono a scambiarsi qualche parola. Sergei era un tipo riservato, ma dentro di sé portava un dolore profondo: la morte della moglie, avvenuta cinque anni prima in un incidente d’auto. Da allora, ogni sabato, portava un mazzo di gigli bianchi sulla sua tomba. Erano i suoi fiori preferiti.

Ogni sabato mattina, Sergei ripeteva sempre lo stesso rituale: si alzava presto, comprava i fiori, li lasciava sulla tomba, restava qualche minuto in silenzio, poi tornava a casa. La sua vita era sospesa, come un orologio fermo sempre sulla stessa ora.

Quella mattina di aprile non sembrava diversa dalle altre. I fiori erano freschi, scelti con cura. Tornato a casa, si tolse il cappotto, entrò in cucina e… si bloccò.

Sul tavolo, in mezzo alla stanza, c’era un vaso. E dentro quel vaso — lo stesso mazzo di gigli bianchi che aveva lasciato al cimitero meno di due ore prima.

Il cuore cominciò a martellargli nel petto. Non era possibile. Nessuno era entrato in casa. Solo lui aveva la chiave. Non poteva essere un sogno, né un’illusione.

Per ore rimase seduto davanti al vaso. Non osò toccarli, né spostarli. Li osservava e basta. Cercava di capire: stava impazzendo? Aveva forse dimenticato di lasciare i fiori sulla tomba?
No. Ricordava ogni dettaglio di quella mattina. Li aveva visti lì, sul marmo freddo. Ne era certo.

Quella sera, parlando con Anna, trovò il coraggio di raccontarle ciò che era accaduto. Lei lo ascoltò senza interromperlo, senza giudicarlo. Gli prese la mano e disse soltanto:

— Forse non è successo per spaventarti. Forse è successo per dirti che l’amore, a volte, torna a bussare. Anche quando non ci credi più.

Da quel giorno, qualcosa cominciò a cambiare. Non all’improvviso, non in modo teatrale. Ma lentamente, come la neve che si scioglie in primavera. Sergei iniziò a sorridere di più. Cominciò a parlare di progetti, di futuro.

Lui e Anna iniziarono a vedersi anche fuori dall’università. Non era un sostituto, né una nuova versione di ciò che aveva perduto. Era qualcosa di diverso.
Era vita che tornava a farsi sentire.

Ogni anno, nel giorno dell’anniversario della morte della moglie, Sergei porta ancora un mazzo di gigli bianchi al cimitero. Ma ora, ne lascia anche uno identico nella sua cucina, nello stesso vaso.

Come a dire: “Non ti ho dimenticata. Ma ho imparato a vivere di nuovo.”



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