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Omicidio Sofia Stefani, Gualandi aveva redatto un contratto di dominazione sessuale: “Si considerava il suo padrone”



La procura di Bologna ha presentato oggi prove significative nel processo che vede imputato Giampiero Gualandi, ex comandante della polizia locale di Anzola, per l’omicidio volontario della vigilessa Sofia Stefani, 33 anni. Durante l’udienza, la procuratrice aggiunta Lucia Russo ha descritto il contesto della relazione tra i due, definendola come un “castello di bugie” costruito da Gualandi stesso, che lo avrebbe portato a una situazione di isolamento e tensione.



L’accusa sostiene che Gualandi avesse instaurato un rapporto di sottomissione con la vigilessa, formalizzato attraverso un contratto in cui si autodefiniva “padrone”. In questo documento, il 63enne si impegnava a “dominare l’anima della sua sottomessa”, evidenziando una dinamica di potere squilibrata a favore di Gualandi. La testimonianza di Andrea Speranzoni, avvocato della famiglia Stefani, ha ulteriormente sottolineato la vulnerabilità della vittima, descrivendola come “molto fragile e vulnerabile” rispetto al suo partner.

Secondo la ricostruzione della procura, Gualandi si sarebbe trovato intrappolato nelle proprie menzogne, in una relazione che era diventata insostenibile. Il 63enne avrebbe tentato di mascherare la verità riguardo alla sua relazione extraconiugale, specialmente dopo che sua moglie aveva scoperto il loro legame nel maggio 2024. Gualandi aveva dichiarato di aver interrotto il rapporto e di essere perseguitato dalla vigilessa, mentre in realtà la loro storia era continuata in segreto.

L’udienza ha rivelato dettagli inquietanti riguardo alla morte di Sofia Stefani. Gualandi è accusato di aver pianificato l’omicidio, facendo passare il colpo partito dalla sua pistola d’ordinanza come un incidente. Egli ha sempre sostenuto che si trattasse di un errore, avvenuto durante una colluttazione. Tuttavia, la procuratrice ha evidenziato che il rapporto tra i due era caratterizzato da uno squilibrio di potere, con Gualandi che temeva la scoperta della loro relazione.

Il processo ha messo in luce un quadro complesso e allarmante, in cui Gualandi ha cercato di mantenere il controllo sulla situazione attraverso l’inganno e la manipolazione. La testimonianza di Lucia Russo ha messo in evidenza come l’ex comandante fosse “prigioniero delle sue menzogne”, incapace di affrontare la verità della sua situazione.

Inoltre, la procura ha sottolineato il rischio di violenza insito in tali dinamiche relazionali, evidenziando l’importanza di considerare la fragilità della vittima in contesti di abuso. La relazione tra Gualandi e Stefani, infatti, non era solo caratterizzata da una connessione romantica, ma anche da una pericolosa asimmetria di potere che ha portato a tragiche conseguenze.

Il dibattito in aula ha visto un confronto acceso tra accusa e difesa, con l’avvocato di Gualandi che ha tentato di sostenere l’innocenza del suo assistito, insistendo sulla tesi dell’incidente. Tuttavia, le prove presentate dalla procura hanno sollevato dubbi sulla credibilità di questa versione dei fatti.



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