Il ricco padre rinnega il figlio dopo aver scoperto che la fidanzata è incinta di tre gemelli.
Tre anni dopo torna… e resta paralizzato da ciò che vede.
— Artyom, sei impazzito? Hai solo 22 anni! Un matrimonio? Con lei?!
Vladimir Timofeevich camminava avanti e indietro nel suo ufficio come una belva in gabbia, portandosi spesso le mani alla testa e mormorando parole di rabbia e incredulità.
Davanti a lui, in piedi con calma contro il muro, stava suo figlio Artyom. Il giovane aveva appena annunciato l’intenzione di sposare Nastya, una ragazza di campagna conosciuta durante un tirocinio estivo. Ma la notizia che sconvolse davvero il padre fu un’altra: Nastya aspettava non uno, ma tre bambini.
— Lascia perdere, dimenticala. È una contadina! Troveremo una moglie vera per te, una del nostro ambiente. Una ragazza come si deve, con famiglia, titoli e università! – tuonava il padre.
— Io l’amo, rispose Artyom con fermezza. E quei bambini sono miei. Rimango con lei.
Per Vladimir, imprenditore affermato con una carriera costruita sull’apparenza e sul prestigio, fu uno schiaffo in pieno volto.
Non poteva tollerare che il figlio “infangasse” il buon nome della famiglia con una scelta tanto indegna.
— Se scegli lei, dimenticati di avere un padre. Non voglio vederti mai più. Né te, né quei… figli.
Artyom se ne andò quella sera stessa. Senza soldi, senza valigia. Ma con una certezza nel cuore: l’amore vale più di qualsiasi privilegio.
Nastya lo accolse nella vecchia casa della nonna, in un piccolo villaggio sperduto. Niente comfort, niente lusso. Ma tanto, tantissimo calore umano.
Artyom iniziò a lavorare ovunque ci fosse bisogno: trasportava legna, aiutava nei campi, faceva il muratore e il riparatore. Imparò tutto da zero: mungere una mucca, impastare il pane, costruire una staccionata. E ogni sera tornava a casa stanco ma felice.
Quando arrivò il giorno del parto, tutto il villaggio si mobilitò. Nastya diede alla luce tre maschietti forti e sani: Ivan, Mikhail e Timofey. Le nonne portarono coperte, le vicine prepararono brodo caldo.
Nessuno parlò di scandalo. Si parlava solo di vita.
Artyom non solo non si arrese, ma riuscì a creare qualcosa di suo: un’attività agricola con miele biologico e prodotti artigianali.
In tre anni, il suo nome divenne noto nei mercati locali. Un uomo onesto, lavoratore, generoso.
I suoi figli crescevano correndo scalzi tra i campi, arrampicandosi sugli alberi e addormentandosi ascoltando storie attorno alla stufa.
Avevano poco, ma erano ricchissimi dentro.
Una mattina di primavera, una macchina nera si fermò davanti alla loro casa. Ne scese un uomo elegante, con i capelli ormai grigi e lo sguardo segnato.
Artyom uscì. Dietro di lui, i bambini sbirciavano curiosi. Nastya rimase immobile sulla soglia.
Il padre guardò il figlio, la casa semplice, i fiori nel cortile, il tavolo di legno grezzo, gli stivali infangati accanto alla porta.
— Sei venuto a giudicare? – chiese Artyom.
— No. Sono venuto… a vedere.
Li ho seguiti da lontano. Ma oggi… oggi volevo guardarli negli occhi.
Proprio in quel momento, i tre bambini corsero verso di lui, ridendo e tenendosi per mano. Si fermarono davanti all’uomo.
— Sei tu il nostro nonno?
Vladimir non rispose subito. Le mani gli tremavano.
— E perché non sei mai venuto prima? – chiese il più piccolo, con innocenza.
Il vecchio si inginocchiò davanti a loro. Le lacrime scesero sul suo viso senza che lui provasse a fermarle.
Li abbracciò, forte, senza dire una sola parola.
Quella sera, cenarono insieme. Minestra di verdure, pane fatto in casa, miele profumato.
Vladimir non parlò molto. Ma nei suoi occhi c’era qualcosa di diverso. Non solo pentimento.
Anche meraviglia.
E gratitudine.
Add comment