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“Li odio, li vorrei eliminare”: il grido di Leonardo, 15 anni, prima del suicidio



Il caso di Leonardo, un ragazzo di 15 anni trovato morto per suicidio il 15 ottobre scorso a Montignano, in provincia di Ancona, ha sollevato un acceso dibattito sulla questione del bullismo scolastico. L’avvocato Pia Perricci, legale dei genitori del giovane, ha dichiarato: “Ci sono molte frasi che confermano l’istigazione al suicidio di Leonardo, la famiglia lo aveva già denunciato”. Secondo i genitori, il ragazzo sarebbe stato vittima di bullismo all’interno della sua scuola, l’istituto alberghiero Panzini, e la situazione insostenibile che viveva in classe avrebbe portato alla sua tragica decisione di utilizzare la pistola d’ordinanza del padre, un vigile urbano.



Durante una conferenza stampa tenutasi nel suo studio di Pesaro, l’avvocato Perricci ha presentato i risultati di una perizia tecnica condotta su due cellulari e una PlayStation appartenenti a Leonardo. L’analisi di chat e messaggi ha rivelato segni evidenti di angoscia e disperazione. Frasi come “Non riesco a togliere il senso di angoscia”, “Perché devono infastidire chi non fa nulla?”, e “Se non la smettono gli farò del male” sono emerse dall’analisi, evidenziando il profondo disagio del ragazzo. Altre espressioni di rabbia e frustrazione, come “Li vorrei ammazzare” e “È da troppi giorni che vivo con questa angoscia, io li ammazzerei di botte se fosse per me”, hanno ulteriormente confermato la gravità della situazione.

L’avvocato ha commentato: “Leonardo ha fatto a se stesso quello che voleva fare ai bulli che lo tormentavano, perché era un ragazzo estremamente educato”. Dalle indagini sui dispositivi elettronici, è emerso che il giovane era minacciato da quattro compagni di classe, due ragazzi e due ragazze, e temeva di subire violenze fisiche. La situazione scolastica di Leonardo è stata descritta dai genitori come insostenibile, contribuendo alla sua crescente ansia e depressione.

Il padre di Leonardo, Francesco, ha lanciato un appello disperato: “La nostra è una condanna a vita. Chi sa parli”. La madre, Viktorya, ha invece puntato il dito contro l’istituto scolastico, chiedendo: “In quella scuola i professori hanno visto, perché non hanno fatto nulla? Chi sta zitto è complice”. Le parole dei genitori mettono in luce la loro frustrazione nei confronti del sistema scolastico e della mancanza di interventi efficaci per proteggere il loro figlio.

Le indagini sul caso proseguono, con l’obiettivo di chiarire eventuali responsabilità e accertare il ruolo dei compagni di classe nel dramma che ha colpito Senigallia. La questione del bullismo scolastico è diventata un tema di grande attualità, e questo caso in particolare ha riacceso il dibattito sulla necessità di una maggiore attenzione e interventi nelle scuole per prevenire simili tragedie.

L’analisi dei dispositivi di Leonardo ha rivelato non solo la sua angoscia, ma anche un contesto di intimidazioni e minacce che ha contribuito al suo stato mentale. I genitori, distrutti dal dolore, chiedono giustizia e vogliono che la verità venga a galla. La loro battaglia non è solo per il loro figlio, ma anche per tutti i ragazzi che potrebbero trovarsi in situazioni simili.

Il caso di Leonardo ha suscitato una forte reazione nella comunità, e molti si chiedono come sia possibile che un ragazzo così giovane possa arrivare a compiere un gesto così estremo. La richiesta di giustizia da parte della famiglia evidenzia la necessità di un cambiamento culturale e di una maggiore responsabilità da parte delle istituzioni scolastiche nel riconoscere e affrontare il bullismo.



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