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Femminicidi, Nordio fa discutere: ci sono etnie con un approccio diverso nei confronti delle donne



Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha suscitato una forte reazione dopo aver commentato i recenti femminicidi di Ilaria Sula e Sara Campanella. Intervenuto a margine di un convegno a Salerno, Nordio ha affermato che le leggi esistenti non possono prevenire completamente certi comportamenti, attribuendo in parte la situazione a una mancanza di “educazione” e di “rispetto delle persone”. Ha specificato che “soprattutto per quanto riguarda giovani o giovani adulti di etnie che magari non hanno la nostra sensibilità soprattutto verso le donne”, le norme giuridiche da sole non sono sufficienti.



Queste dichiarazioni hanno immediatamente scatenato polemiche, con le opposizioni che hanno accusato il ministro di “razzismo strisciante”. Chiara Braga, capogruppo del Partito Democratico alla Camera, ha commentato: “Le parole di Nordio, secondo il quale alcune etnie hanno sensibilità diverse sulle donne, sono inaccettabili”. Ha anche sottolineato che la maggior parte dei femminicidi è perpetrata da uomini italiani, evidenziando che il problema non riguarda solo l’etnia, ma una questione più profonda legata alla cultura e al rispetto delle donne.

In un contesto in cui gli autori di femminicidio sono spesso di nazionalità italiana, le affermazioni di Nordio sono state interpretate come un tentativo di deviare l’attenzione da un problema radicato nella società. Durante il suo intervento, il ministro ha sostenuto che “è illusorio che l’intervento penale, che già esiste e deve essere mantenuto per affermare l’autorità dello Stato, possa risolvere la situazione”. Ha poi continuato dicendo che, sebbene siano stati fatti sforzi significativi per affrontare il problema dei femminicidi, non ci sono attualmente piani per nuove normative.

La discussione è proseguita con il passaggio più controverso delle sue dichiarazioni, in cui ha affermato che “il legislatore e anche la stessa magistratura possono arrivare entro certi limiti a reprimere questi fatti che si radicano probabilmente nella assoluta mancanza, non solo di educazione civica, ma anche di rispetto delle persone”. Questo ha portato a una reazione immediata da parte di diversi esponenti politici.

I parlamentari del Partito Democratico hanno dichiarato: “Non si fermano col razzismo i femminicidi”, criticando il ministro per aver celato il problema del “maschile tossico” dietro a una questione etnica. Hanno sottolineato che le donne italiane sono uccise nella stragrande maggioranza dei casi da uomini italiani, evidenziando l’urgenza di un impegno concreto per prevenire la violenza di genere.

Riccardo Magi, segretario di +Europa, ha aggiunto: “Si diceva garantista invece era solo razzista”. Ha riportato dati allarmanti, affermando che nel 2024, su 99 donne uccise, 83 erano vittime di uomini italiani, mentre solo 16 casi riguardavano cittadini stranieri. Magi ha concluso che un ministro in un Paese normale si sarebbe già dimesso per tali affermazioni.

Le critiche a Nordio non si sono limitate ai partiti di opposizione. Diverse organizzazioni e attivisti per i diritti delle donne hanno espresso la loro indignazione, sostenendo che le parole del ministro non solo minimizzano il problema della violenza di genere, ma contribuiscono anche a una narrazione pericolosa che stigmatizza interi gruppi etnici.

La questione sollevata da Nordio ha riacceso il dibattito sulla necessità di un’educazione più profonda e radicata, che vada oltre la semplice legislazione. “C’è bisogno di un’attività a 360 gradi proprio educativa, soprattutto nell’ambito delle famiglie, dove si forma il software del bambino, che può essere un inizio per cambiare rotta”, ha affermato il ministro, ma molti sostengono che queste affermazioni non giustifichino il suo approccio.

In attesa di una risposta ufficiale da parte del governo, le parole di Carlo Nordio continuano a suscitare un acceso dibattito pubblico, mettendo in luce le differenze di opinioni sulla gestione della violenza di genere e sull’importanza di affrontare il problema in modo diretto, senza cadere in stereotipi o generalizzazioni. La reazione delle opposizioni e della società civile evidenzia la necessità di un confronto serio e aperto su questi temi, per garantire che la lotta contro il femminicidio non venga distorta da ideologie razziste o da approcci superficiali.



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