Mi chiamo Giulia, ho sessant’anni e vivo a Firenze. Mai avrei immaginato che, dopo tutto ciò che ho attraversato, dopo vent’anni di silenzio assoluto, il passato potesse irrompere nella mia vita con tanta arroganza e cinismo. E il dolore più grande è che l’artefice di questo ritorno è stato proprio mio figlio.
Avevo venticinque anni quando mi innamorai perdutamente. Marco, alto, affascinante e solare, mi sembrava l’incarnazione di un sogno. Ci sposammo in fretta e, dopo appena un anno, nacque nostro figlio, Lorenzo. I primi tempi furono una favola: vivevamo in un piccolo appartamento, condividevamo sogni e progetti. Io insegnavo, lui era ingegnere. Tutto sembrava perfetto.
Con il tempo, però, Marco iniziò a cambiare. Trattenimenti al lavoro sempre più frequenti, scuse inconsistenti, sguardi sfuggenti. Cercavo di non ascoltare le voci, ignoravo gli odori di profumi estranei e i suoi silenzi crescenti. Ma alla fine divenne evidente: mi tradiva. E non era un caso isolato. Amici, vicini, persino i miei genitori lo sapevano. Ma io tentavo disperatamente di salvare ciò che restava, soprattutto per Lorenzo.
Ho sopportato troppo a lungo, aggrappandomi alla speranza che tornasse l’uomo che avevo amato. Ma una notte mi svegliai, lui non era rientrato, e capii che non potevo continuare.
Presi le mie cose, presi Lorenzo — che aveva solo cinque anni — e andai da mia madre. Marco non cercò nemmeno di fermarci. Un mese dopo partì per l’estero, ufficialmente per lavoro. Presto conobbe un’altra donna, e ci cancellò dalla sua vita: nessuna telefonata, nessuna lettera. Solo indifferenza.
Da quel momento, siamo rimasti soli. Mia madre morì poco dopo, poi anche mio padre. Lorenzo ed io abbiamo affrontato tutto: scuola, problemi, malattie, successi. Ho lavorato giorno e notte per garantirgli un’infanzia dignitosa. Non ho più avuto una vita sentimentale: lui era tutto per me.
Quando Lorenzo si trasferì a Bologna per l’università, feci il possibile per sostenerlo: pacchi, un po’ di denaro, parole d’incoraggiamento. Non potevo permettermi di comprargli un appartamento, ma lui non si lamentava mai. Diceva che ce l’avrebbe fatta da solo. E io ne ero orgogliosa.
Un mese fa, Lorenzo mi ha fatto una confessione: aveva deciso di sposarsi. La gioia durò poco. Era nervoso, sfuggiva al mio sguardo. Poi disse:
— Mamma… ho bisogno del tuo aiuto. Si tratta di papà.
Rimasi in silenzio, attonita. Mi raccontò di aver ripreso contatto con Marco. Mi disse che era tornato in Italia e che gli aveva promesso le chiavi di un bilocale ereditato dalla nonna. Ma c’era una condizione: avrei dovuto risposarlo e accettare che vivesse nel mio appartamento.
Mi mancava il fiato. Guardavo mio figlio, incapace di credere a quelle parole. E lui aggiunse:
— Sei sola… perché non dargli un’altra possibilità? Per me. Per la mia futura famiglia. Papà è cambiato…
Mi alzai in silenzio. Andai in cucina. Accesi il bollitore. Le mani tremavano. Tutto si faceva confuso. Vent’anni trascorsi da sola, a costruire e proteggere una vita. Marco non si era mai interessato a noi. Ora tornava con una proposta. Un’offerta. Un contratto.
Ritornai in soggiorno e dissi con calma:
— No. Non sono d’accordo.
Lorenzo esplose. Urlava, mi accusava. Disse che avevo sempre pensato solo a me stessa. Che per colpa mia non aveva avuto un padre. Che ora stavo rovinando anche il suo futuro. Rimasi muta. Ogni parola era una lama. Non sapeva come avevo venduto l’anello nuziale per comprargli un cappotto d’inverno. Come mi fossi privata del cibo per permettere a lui di mangiare carne. Come non avessi dormito per anni, sveglia a controllare la febbre o preoccupata per i conti.
Non mi sento sola. La mia esistenza, per quanto faticosa, è stata dignitosa. Ho un lavoro, dei libri, un piccolo giardino, amiche sincere. Non ho bisogno di un uomo che un tempo mi ha umiliata, e che oggi torna non per amore, ma per interesse.
Mio figlio è uscito senza salutare. Da allora non mi ha più cercata. So che è ferito, deluso. Ma io non posso barattare la mia dignità per qualche metro quadrato. È un prezzo troppo alto.
Forse un giorno capirà. Forse no. Ma io sarò qui ad aspettarlo. Perché lo amo. Di un amore che non ha condizioni, che non pretende nulla in cambio. L’ho messo al mondo con amore, e con amore l’ho cresciuto. E non permetterò che questo sentimento venga trasformato in merce di scambio.
Quanto a Marco… il suo posto è nel passato. Ed è lì che resterà.
Add comment