L’interrogatorio di Ruben Andreoli, ex magazziniere e pilota di rally, è durato più di un’ora e mezza. È accusato dell’omicidio volontario aggravato della madre, Nerina Fontana, avvenuto il 15 settembre 2023 nella loro abitazione di Sirmione, in Brescia. Secondo l’accusa, Andreoli avrebbe colpito la madre con calci e pugni. Il giorno successivo all’incidente, ha confessato i fatti al pubblico ministero Ettore Tisato. La Procura di Brescia ha richiesto il giudizio immediato nei suoi confronti.
Quando i carabinieri sono entrati nell’abitazione, hanno trovato Andreoli immobile sul divano, con indumenti sporchi di sangue. Un vicino testimone ha raccontato: “Sono uscita sul balcone e ho visto Ruben che saltava sulla testa della mamma”. Nonostante le urla di aiuto, la vicina ha riferito che Andreoli sembrava non ascoltarla.
Un ex poliziotto è stato il primo a intervenire. Dopo aver suonato al citofono, è stato fatto entrare dalla moglie di Andreoli. Una volta all’interno, ha visto il 45enne “in piedi vicino alla mamma, di spalle, mentre la afferrava per i capelli e la sbatteva contro il balcone”. L’ex poliziotto ha quindi preso Andreoli per le spalle e lo ha allontanato, spiegando che non ha opposto resistenza. Durante l’intervento, Andreoli ha dichiarato di aver colpito la madre a causa di conflitti preesistenti.
Durante gli interrogatori precedenti al processo, iniziato a settembre, Andreoli ha riferito di ricordare “solo uno schiaffo, poi il buio”. Davanti al pm Ettore Tisato, ha negato che un movente economico fosse alla base dell’aggressione o che desiderasse trasferirsi con la moglie in Ucraina, paese d’origine della donna. Ha invece sottolineato che il giorno prima dell’omicidio, Nerina Fontana aveva gettato le foto del matrimonio del figlio e aveva offeso la nuora. “Negli ultimi dieci giorni nemmeno ci parlavamo”, ha detto Andreoli. “Quel giorno lei era sulla poltrona, io sul divano e abbiamo iniziato a discutere”.
Nel corso dell’udienza del 25 marzo, Andreoli ha ribadito di non ricordare i dettagli dell’episodio violento, affermando: “Solo uno schiaffo, poi il buio”. Ha descritto la sequenza di violenza subita dalla madre, ma ha affermato di non ricordare i colpi inferti alla testa, al volto, alle gambe e al torace. Riguardo alla sera dell’omicidio, ha menzionato che Nerina aveva fatto riferimento al bambino che lui e la moglie, Svetlana, avevano perso nel 2018. “La mamma ci diceva che non saremmo stati in grado di occuparcene da soli”, ha dichiarato Andreoli.
L’imputato ha espresso il suo disgusto per le azioni commesse: “Non mi riconosco in quello che ho fatto, provo solo schifo: non è possibile che io abbia commesso una cosa simile alla mamma, non so nemmeno come”. Ha sottolineato l’importanza della madre nella sua vita, dicendo: “È assurdo. Non lo rifarei mai”. Rivolgendosi al presidente della Corte, Roberto Spanò, ha chiesto una perizia psichiatrica, che è stata disposta per valutare le sue condizioni mentali.
La vicenda ha suscitato grande attenzione mediatica, non solo per la brutalità dell’atto, ma anche per le dinamiche familiari che lo hanno preceduto. La comunità di Sirmione è rimasta scossa dalla notizia dell’omicidio, e i dettagli emersi durante il processo hanno messo in luce una serie di conflitti familiari che hanno portato a questa tragica conclusione.
La Corte d’assise di Brescia continuerà a esaminare il caso, con l’obiettivo di fare chiarezza sulle circostanze che hanno portato a questo drammatico evento. La perizia psichiatrica potrebbe fornire ulteriori elementi per comprendere le motivazioni di Andreoli e la sua capacità di intendere e volere al momento dei fatti.
La storia di Ruben Andreoli e Nerina Fontana rappresenta un tragico esempio di come le tensioni familiari possano trasformarsi in violenza, con conseguenze devastanti. La comunità attende con ansia l’esito del processo, sperando che la giustizia possa fare il suo corso e che si possano prevenire simili tragedie in futuro.
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