Cecilia Sala, la giornalista italiana di 29 anni detenuta dal 19 dicembre nella prigione di Evin, a Teheran, ha raccontato in una telefonata ai suoi familiari e al compagno, Daniele Raineri, giornalista del Post, le difficili condizioni della sua detenzione.
La conversazione, avvenuta nel giorno di Capodanno, è stata riportata dal Corriere della Sera. Durante la breve chiamata, Sala ha chiesto con urgenza di “fare presto” per trovare una soluzione che le consenta di essere rimessa in libertà e tornare in Italia.
I suoi familiari sono rimasti profondamente scossi dal tono della chiamata e dalla situazione di grave disagio che Cecilia sta vivendo. Come riportato dai giornalisti Tommaso Ciriaco e Giuliano Foschini su Repubblica, dalla conversazione è emerso che Sala è “molto provata” dalla detenzione. Secondo le sue parole, le vengono forniti solo datteri dalle guardie, che le passano il cibo attraverso una fessura della porta. Non riceve alcuna protezione contro la luce al neon costantemente accesa nella sua cella, né una mascherina, e non ha ricevuto un pacco inviato dall’ambasciata, contenente dolci, libri e beni di prima necessità.
Cecilia Sala è in isolamento completo da 14 giorni, senza alcun contatto con il mondo esterno dalla visita dell’ambasciatrice Paola Amedei del 27 dicembre, che le ha fatto visita per soli 30 minuti. Questo isolamento la pone nello stesso trattamento riservato alle prigioniere politiche in Iran, con condizioni estremamente dure e limitazioni gravi alla sua libertà.
Nel frattempo, il governo italiano continua a esercitare pressioni per la liberazione della giornalista. Dopo l’appello del presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno, le autorità italiane hanno chiesto all’Iran “garanzie totali” riguardo alle condizioni di detenzione di Cecilia e il suo rilascio immediato. Inoltre, l’Italia ha sollecitato la possibilità di inviare generi di conforto e ha richiesto garanzie che siano effettivamente consegnati alla prigioniera italiana.
Come spiegato nei giorni scorsi da Riccardo Noury di Amnesty Italia, il caso di Cecilia Sala rappresenta un altro esempio della politica iraniana che utilizza prigionieri come pedine di scambio. Noury ha definito questa situazione come un “rapimento” e ha sottolineato che in casi simili, le negoziazioni potrebbero durare anni o risolversi in pochi mesi. In questo caso, si ipotizza che lo scambio riguardi Mohammad Abedini-Najafabad, un ingegnere iraniano esperto di droni detenuto in Italia dal 16 dicembre per conto degli Stati Uniti.
L’Italia continua a fare appello per la rapida risoluzione della vicenda, sperando che Cecilia Sala possa tornare presto in Italia sana e salva.
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