L’imprenditrice di Viareggio Cinzia Dal Pino, coinvolta nella tragica morte del 47enne Said Malkoun, ha rilasciato dichiarazioni spontanee durante l’udienza di convalida. La donna ha affermato di non aver avuto l’intenzione di uccidere l’uomo, ma di volerlo fermare dopo che le aveva rubato la borsetta. Poco prima dell’incidente, Malkoun l’aveva derubata mentre si trovava per strada. Il giudice, ascoltato quanto dichiarato, ha deciso di non convalidare l’arresto per omicidio volontario e ha disposto i domiciliari per la 65enne.
Nel corso dell’udienza, il giudice per le indagini preliminari ha accolto in parte l’istanza dell’avvocato di Dal Pino, il quale aveva richiesto la libertà della cliente, sostenendo che era una persona onesta e senza precedenti penali. Dopo l’udienza, il pubblico ministero Sara Polino ha richiesto la conferma della custodia cautelare in carcere, giustificando questa richiesta con l’esistenza di gravi esigenze cautelari. Tuttavia, il giudice ha ritenuto che la situazione giustificasse una misura meno severa.
Cinzia Dal Pino ha confermato di aver investito Malkoun, come confermato anche dai filmati delle telecamere di sorveglianza. La donna ha spiegato che il suo obiettivo era quello di fermare il ladro e riappropriarsi della sua borsa, senza alcuna volontà di provocarne la morte.
Cinzia Dal Pino: “Volevo colpire Malkoun alle gambe, non ucciderlo”
Dopo essere stata arrestata e detenuta nel penitenziario di Pisa, Cinzia Dal Pino ha dichiarato al tribunale di Lucca che non aveva voluto uccidere Malkoun, ma solo fermarlo. Ha descritto l’episodio come un tentativo di difesa personale dopo essere stata derubata.
Le immagini della telecamera di sorveglianza mostrano Malkoun mentre cammina sul marciapiede, quando il SUV bianco della donna lo investe, schiacciandolo contro una vetrina. Nonostante dal video emerga chiaramente l’intento di investire l’uomo, Dal Pino ha sottolineato che il suo obiettivo era limitare il danno e recuperare la sua borsa.
L’avvocato della donna, Enrico Marzaduri, ha riaffermato che “la signora voleva solo fermarlo colpendolo alle gambe e non aveva l’intenzione di ucciderlo”. Ha descritto Dal Pino come una persona normale, con una vita senza macchie sul piano penale, profondamente colpita dall’accaduto. “La rapina è avvenuta a una distanza breve da dove c’è stato l’incidente, circa 150 metri prima. In quella borsa c’erano i documenti e le chiavi di casa, ed era preoccupata che il rapinatore potesse usarli per commettere ulteriori reati”, ha precisato l’avvocato Marzaduri.
Il coltello della rapina a Viareggio non si trova
Durante l’udienza, la 65enne ha spiegato di non aver potuto contattare la polizia immediatamente dopo il furto perché il suo cellulare si trovava nella borsa rubata. Ha anche raccontato, in lacrime agli investigatori, che Malkoun l’aveva minacciata con un coltello. Questa affermazione, però, resta da verificare: gli inquirenti, infatti, non hanno trovato alcun coltello né sul corpo dell’uomo né nei dintorni.
Il caso ha acceso un acceso dibattito sull’uso della violenza e le reazioni delle vittime di furti, ponendo interrogativi su quanto sia lecito per una persona difendersi in situazioni di emergenza senza superare i limiti della legge. Sotto osservazione anche la questione dell’uso della forza in situazioni di paura e vulnerabilità. La dolorevole vicenda sta sollevando non pochi interrogativi nell’opinione pubblica su come gestire tali situazioni in futuro.
La situazione della giustizia in Italia, le misure di sicurezza per le vittime di delitti e il tema della legittima difesa rimangono argomenti cruciali in un contesto di crescente preoccupazione per la criminalità. Questo caso segna un capitolo in più nei dibattiti sociopolitici relativi alla difesa personale e alle dinamiche di interazione tra vittime e delinquenti.
Add comment