Un filmmaker lombardo di 36 anni perde tragicamente la vita durante un salto, riaccendendo i riflettori sui rischi del base jumping.
Un’eco di tragedia ha scosso la comunità degli sport estremi. Raian Kamel, un filmmaker di 36 anni originario della Lombardia, ha tragicamente perso la vita dopo un salto dal Piz da Lech, in Val Badia. L’incidente è avvenuto attorno a mezzogiorno, quando qualcosa è andato sbagliato durante la sua manovra di atterraggio, portando a esiti fatali. Sul posto sono giunti prontamente i soccorritori, unitamente alla polizia locale e ai carabinieri. La Procura ha già autorizzato il trasferimento della salma alla cappella mortuaria, mentre si cerca di capire con precisione la dinamica di quanto accaduto.
Raian stava saltando insieme a cinque altri jumper, in una località molto apprezzata da chi pratica questo sport. Sono stati proprio loro a lanciare l’allerta dopo che il 36enne non è atterrato nel punto stabilito, un prato in località Colfosco. I soccorritori sono stati allertati e sono giunti in elicottero dell’Aiut Alpinisco Alta Badia, che ha sorvolato l’area. Il corpo di Raian è stato individuato in un canalone ghiacciato a 2.400 metri di altezza, una zona estremamente impervia e priva di sentieri accessibili.
Raian si era già lanciato dal Piz da Lech
Raian non era nuovo a questo sport: in passato aveva già tentato lo stesso salto, documentando le sue esperienze incredibili come filmmaker. Il suo precedente lancio dal Piz da Lech risale al 22 luglio 2022. La Val Badia, purtroppo, ha visto tragedie simili; a Ferragosto del 2020, Simone Rizzi, un uomo di 33 anni originario della Brianza, ha perso la vita nello stesso punto. In quel caso, Simone, assieme al suo compagno di volo, si era lanciato utilizzando una tuta alare; dopo aver affrontato un canale ghiacciato, si è scontrato contro un roccione, risultando fatale.
Purtroppo, la lista degli incidenti mortali non si ferma qui. L’anno scorso, un base jumper finlandese di 33 anni ha subito la stessa sorte, e anche in quel caso la fidanzata dell’uomo ha dato l’allerta quando non lo ha visto ritornare.
Cos’è il base jumping?
Il base jumping è uno sport estremo che prevede il lancio nel vuoto da superfici naturali o artificiali, come montagne, edifici o ponti, per atterrare con un paracadute. Pur derivando dal paracadutismo, si differenzia notevolmente per le altezze più basse dei salti, portando i jumper a trovarsi in prossimità dell’oggetto di lancio. Questa bassa quota significa anche che, sebbene i jumper non raggiungano la velocità terminale, hanno a disposizione molto poco tempo per l’apertura del paracadute.
Per un base jumper, mantenere una posizione corretta nel momento dello stacco è cruciale. La stabilità aerodinamica si raggiunge solo dopo alcuni istanti, e un errore potrebbe provocare malfunzionamenti nel paracadute, con conseguenze disastrose come impatti contro la superficie sottostante.
A differenza di chi fa paracadutismo, i base jumper utilizzano attrezzature specificamente progettate e, a causa della brevità del tempo disponibile, hanno solo un paracadute a disposizione, poiché non vi è possibilità di utilizzare un paracadute di emergenza. Le aree di atterraggio sono spesso estremamente ridotte, e il tempo di volo con il paracadute aperto può durare solo 10-15 secondi.
Non il primo incidente mortale
Il base jumping è spesso considerato lo sport più pericoloso al mondo, con un tasso di mortalità che si attesta attorno a una vittima ogni 60 praticanti. In Italia, si stima che il numero di praticanti mortali di questo sport estremo si aggiri attorno al centinaio. L’ultimo decesso registrato prima della tragedia di oggi in Val Badia risale a una settimana fa, con la morte di Matteo Mazza, un 37enne di Orsago, Veneto, durante un lancio in Norvegia. Inoltre, a febbraio scorso, Alessandro Fiorito, di 62 anni, è deceduto mentre tentava un lancio dalla parete del Forcellino a Lecco. La comunità degli sportivi si stringe nel cordoglio per questa ulteriore perdita, rendendo evidente i rischi insiti in attività così estremi.
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