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Susanna Recchia e la figlia trovate senza vita abbracciate: una lettera piena di addio per la famiglia



La terribile storia di Susanna Recchia, 45 anni, e della sua piccola figlia di tre anni, si è conclusa in tragedia venerdì 13 settembre a Treviso. La donna, residente a Miane, si era allontanata da casa con la bambina, poche ore prima che il padre, con cui si era separata di recente, dovesse incontrarle. L’assenza di Susanna e della figlioletta ha subito allertato le forze dell’ordine, poiché nella loro abitazione sono stati trovati documenti e cellulare, elementi che hanno destato immediatamente preoccupazione.



Le ricerche, avviate tempestivamente, hanno purtroppo portato alla scoperta dei corpi nel fiume Piave, dove madre e figlia sono state trovate in un abbraccio disperato. Apparentemente, entrambe sono morte poco dopo la loro scomparsa, in un gesto che ha lasciato la comunità sconvolta.

Una lettera d’addio che parla di valori e amore

Nel corso delle indagini, è emersa una lettera di addio scritta da Susanna, lunga cinque pagine, indirizzata ai suoi tre figli, nati da una precedente relazione. “Dovete vivere sempre con onestà, seguendo i valori che io e papà vi abbiamo trasmesso”, ha scritto Recchia, un messaggio che manifesta la sua intenzione di lasciare un insegnamento duraturo nonostante le circostanze tragiche. La lettera è stata un tentativo di spiegare il suo gesto, che ha voluto condividere con la figlioletta più piccola, che soffriva di epilessia.

Il suo vissuto, caratterizzato da sfide e profondi momenti di malessere, aveva portato Susanna a una crisi insostenibile. Dopo aver dovuto interrompere la propria attività lavorativa per prendersi cura della salute della piccola, e la rottura della relazione con il padre della bambina, la donna si era sentita sopraffatta. Nella lettera, Susanna aveva anche espresso gratitudine nei confronti dell’ex marito, con cui, nonostante il divorzio, aveva mantenuto buoni rapporti per la crescita dei loro figli.

Il dramma personale di una madre in difficoltà

Le ricerche per trovare Susanna e la sua bambina sono state inframmezzate da tensioni e speranze. Nel tragitto verso il Piave, Recchia ha portato con sé anche i farmaci salvavita della figlioletta, una scelta che ha fatto sperare il padre, convinto che ci fosse una possibilità di ritrovarle in vita. Dopo giornate di angoscia, le speranze si sono purtroppo spente domenica mattina, quando i carabinieri hanno recuperato i corpi nel fiume, a chilometri di distanza dalla sua auto, ritrovata a cinque chilometri dal ponte di Vidor.

Emergono anche particolari inquietanti sull’accaduto: le salme non presentavano segni di una caduta dall’alto, suggerendo che Susanna non si sia lanciata ma si sia immersa nel fiume con la figlia tra le braccia, condannandosi a una tragica fine insieme.

Reazioni dalla comunità e un padre distrutto

La comunità di Miane, profondamente colpita dalla perdita, ha fatto fronte a un evento che ha lasciato un profondo segno. L’ex compagno di Susanna, padre della piccola, ha dichiarato: “Sono distrutto, non ho parole. Grazie per l’affetto e la vicinanza”, prima di rifugiarsi nel silenzio del dolore. Federico, questo il suo nome, si è confidato con il parroco del paese e ha dovuto metabolizzare la scomparsa della donna e della figlia.

La storia di Susanna Recchia ha scosso non solo Miane, ma anche le valli circostanti, avviando un acceso dibattito su tematiche di salute mentale, supporto alle famiglie in crisi e il necessario aiuto per le donne in difficoltà. Con la maggiore attenzione a questi aspetti, speriamo che eventi così drammatici possano servire da monito e stimolo per un cambio di rotta, affinché nessun altro debba affrontare un destino simile.

La storia di Susanna e della sua bimba rappresenta un triste promemoria dell’importanza di essere vigili nei confronti di chi ci circonda. Nella frenesia della vita quotidiana, spesso trascuriamo i segnali di aiuto di chi soffre. È cruciale creare spazi di ascolto autentico e opportunità di supporto per chi vive momenti di crisi. La morte di queste due vite frantuma non solo un nucleo familiare, ma l’intera comunità, richiamando tutti a una maggiore consapevolezza e sensibilità verso le difficoltà degli altri.



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