La vicenda dei coniugi Alessandro Giacoletto e Cristina Masera, suicidi dopo la perdita della figlia Chiara, scuote Orbassano e accende il dibattito sulla violenza sommersa.
La storia della famiglia Giacoletto-Masera ha inizio con il dramma vissuto da Chiara, la giovane figlia di Alessandro Giacoletto, medico di 64 anni, e di Cristina Masera, farmacista di 59. Chiara, vittima di abusi sessuali durante l’infanzia, aveva trascorso anni cercando di superare il dolore. Nonostante il supporto della famiglia e di numerosi specialisti, il trauma subito da bambina aveva lasciato cicatrici indelebili.
Chiara aveva mostrato i primi segnali di malessere a 23 anni, durante gli studi di Medicina. Attacchi di panico, ansia e incubi si erano intensificati, portandola a cercare l’aiuto di psicologi e psichiatri. Nel 2018, i genitori scoprirono casualmente, attraverso un diario lasciato aperto, la causa del suo dolore: abusi sessuali subiti da un parente, ormai deceduto.
In una delle sue rare confidenze al padre, Chiara aveva detto: “Sarebbe meglio il cancro: quello potrei toglierlo, questo no.” Parole che sintetizzavano la profondità del suo tormento.
Nel gennaio di due anni fa, Chiara decise di porre fine alla sua vita, lasciando dietro di sé cinque lettere indirizzate ai suoi cari. La sua morte rappresentò un colpo devastante per Alessandro e Cristina, che nell’intervista rilasciata pochi giorni prima della loro scomparsa descrissero se stessi come “ombre”.
Il medico aveva dichiarato: “Chi pone fine alla sua vita a causa di una violenza è vittima di un ‘omicidio psichico’ e il suo aguzzino è un assassino.”
Dopo aver sopportato per due anni il dolore della perdita, i coniugi Giacoletto-Masera hanno deciso di togliersi la vita. Il 9 dicembre, entrambi sono stati trovati privi di sensi nella loro auto, chiusa nel garage di casa. Trasportati d’urgenza all’ospedale San Luigi di Orbassano, sono stati ricoverati in condizioni critiche. Cristina è deceduta il 18 dicembre, seguita dal marito Alessandro il 23 dicembre.
Alessandro e Cristina avevano trasformato il loro dolore in una denuncia sociale. In una delle ultime interviste, il medico aveva sottolineato l’esistenza di un “mondo sommerso di abusi”, parlando delle tante donne che subiscono violenze sessuali durante l’infanzia o l’adolescenza, spesso all’interno di famiglie apparentemente “normali”.
La coppia aveva anche venduto la propria quota della farmacia di Orbassano per devolvere il ricavato in beneficenza, nel tentativo di aiutare altre persone che vivevano situazioni simili. Alessandro Giacoletto aveva denunciato la prescrizione dei reati di abuso, una barriera che impedisce spesso alle vittime di ottenere giustizia: “Ancora oggi, se il reato è antecedente di dieci anni alla denuncia, il responsabile non è perseguibile.”
La tragedia ha scosso profondamente la comunità di Orbassano, dove Alessandro e Cristina erano conosciuti e stimati. La sindaca, Cinzia Bosso, ha voluto rendere omaggio alla famiglia pubblicando sui social una foto con tre candele accese: “Possiate ora riposare in pace tutti e tre insieme. A noi resterà per sempre il vostro ricordo.”
Sui social, molte persone che conoscevano la famiglia hanno espresso commozione e cordoglio, ricordando Alessandro e Cristina come due professionisti dediti al loro lavoro e due genitori che hanno fatto tutto il possibile per aiutare la figlia.
La vicenda della famiglia Giacoletto-Masera rappresenta un monito sulla necessità di affrontare la violenza sommersa e di garantire maggiore supporto alle vittime di abusi e alle loro famiglie. Le parole di Alessandro Giacoletto resteranno come un richiamo alla responsabilità collettiva: “Fino a quando non si subisce in modo diretto un dramma, non è possibile comprenderne sino in fondo la profondità o l’intensità.”
La tragedia di Orbassano non è solo una storia di dolore, ma anche un appello per una società più consapevole e pronta a offrire sostegno a chi ne ha bisogno.
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