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Sorelle d’Italia Spadiste azzurre celebrano un trionfo a Parigi. È la loro prima partecipazione alle Olimpiadi, e hanno superato la Francia in una finale emozionante



Il Grand Palais si illumina in tutta la sua magnificenza, con tonalità azzurre. Due atlete siciliane e due friulane rappresentano quattro donne italiane, quattro Erinni, quattro guerriere dai nervi d’acciaio, quattro moschettieri che zittiscono ottomila francesi in delirio, rimandandoli a casa con unicamente una medaglia d’argento. L’ultima stoccata di una notte stellata e indimenticabile viene inflitta da Alberta Santuccio ad Auriane Mallo-Breton, nell’overtime del nono assalto, con il punteggio finale di 30-29 a favore delle nostre atlete.



La Francia è colpita, e il magnifico palazzo liberty si ammutolisce dopo aver creato un’atmosfera di grande fervore, evocando il ricordo di Paolo Conte e di Bartali durante quel Tour de France che ha infiammato gli animi francesi, placando così la loro presunzione. Le azzurre si abbracciano in un girotondo sulla pedana, le lacrime scorrono.

L’Italia conquista l’oro nella spada a squadre femminile, un risultato mai raggiunto prima, e questo trionfo segna il cinquantesimo successo della scherma italiana ai Giochi, essendo il primo in questa Olimpiade che fino a quel momento aveva fruttato solo un bronzo, un argento e un notevole senso di frustrazione. Inoltre, questa volta non ci sono arbitri che possano influenzare, a differenza di quanto accaduto con Macchi la sera precedente; fortunatamente la spada è l’unica arma non convenzionale, priva di revisione da parte dei giudici, e rappresenta una forma pura di scherma, la più vicina al duello classico, poiché consente di colpire l’avversario in qualsiasi parte del corpo, rendendola una sfida intellettuale.

Le atlete azzurre della spada

L’esperienza riveste un’importanza fondamentale. Infatti, le quattro straordinarie fanciulle sono donne, più che giovani alle prime armi. Rossella Fiamingo, 33 anni, originaria di Catania; Alberta Santuccio, 29 anni, anch’essa catanese; Giulia Rizzi, 35 anni, proveniente da Udine, e Mara Navarria, la veterana di 39 anni, anche lei udinese.

Queste donne italiane sono simili a molte, eppure uniche. Rizzi è l’unica delle quattro a partecipare per la prima volta a un’Olimpiade; ha vissuto sei anni a Parigi e ha dimostrato una carica particolare, sembrando favorire lo stile schermistico francese, riuscendo a batterle con le loro tecniche. Navarria è anche madre, oltre ad essere laureata in Scienze motorie; Fiamingo è la più conosciuta, poiché fidanzata con Greg Paltrinieri e possiede un master in nutrizionismo; Santuccio si sposerà a ottobre con Francesco, che le ha fatto la proposta in una vigna di Frascati (sia Alberta che Rossella si allenano a Roma), e ha recentemente conseguito la laurea in Psicologia.

Il loro commissario tecnico, Dario Chiadò, torinese, contribuisce ulteriormente al team. Hanno realizzato un’impresa senza precedenti per la nostra tradizionale scherma, in una competizione di squadra come poche altre si sono viste. Durante la finale, nella quale Rizzi e Santuccio si sono distinte, è invece Fiamingo ad avere un calo, perdendo il suo primo assalto 3-0 contro Vitalis, apparendo svuotata, e il ct decide di sostituirla con l’atleta di riserva Navarria. Questa si rivela essere una mossa determinante.

L’Italia, dopo sei assalti, si trova sotto 19-15, ma gli ultimi tre assalti sono quelli della rimonta: Rizzi supera Vitalis 5-2 e poi Navarria compie una straordinaria impresa, schiantando 4-2 Candassamy e riportando l’Italia in vantaggio (24-23). L’ultimo assalto è affidato a Santuccio, che non si disunisce nemmeno quando si trova in svantaggio, piazzando la stoccata del pareggio a 12 secondi dalla fine contro Mallo-Breton: per compiere tale impresa, di fronte a ottomila spettatori urlanti che battono i piedi sulle lamiere delle tribune, già pronti a intonare la Marsigliese contro di lei, serve una mentalità da campione. Alberta lo è, e lo dimostra conquistando la stoccata decisiva in un corpo a corpo particolarmente intenso durante il supplementare.

È il coronamento di una gara a squadre dominata (39-26 contro le egiziane, 45-24 contro le cinesi), probabilmente anche grazie alla motivazione derivante dalla delusione per la prova individuale, in cui Santuccio si era fermata ai quarti. Fiamingo commenta: «Questa vittoria ha un valore enorme contro un pubblico così imponente, eravamo preparate: il nostro preparatore ci aveva fatto esercitare con le registrazioni dei boati di questi tifosi, quindi eravamo pronte.

Io vinco l’oro e Greg il bronzo: sono estremamente felice». Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, si precipita ad abbracciare le atlete: «Siamo commossi e profondamente grati a queste atlete, hanno vinto contro ogni previsione». Alberta Santuccio, artefice dei punti decisivi, si attribuisce meno merito: «Ho semplicemente proseguito il lavoro delle mie compagne di squadra». Con l’oro olimpico, si completa un ciclo perfetto: negli ultimi tre anni, l’Italia è sempre stata sul podio in tutte le competizioni internazionali. Dario Chiadò, il ct, afferma: «L’ingresso di Navarria è stato decisivo? Ebbene, a volte ci prendo… Un aggettivo per ciascuna: Santuccio, grinta; Fiamingo, tecnica; Navarria, costanza; Rizzi, sorpresa». Infine, risuona l’inno di Mameli, sebbene a volume contenuto. Molti italiani piangono comunque. Il Grand Palais è una meraviglia questa sera, finalmente.



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