Controcopertina

“Se c’era bisogno di aiuto, si lanciava senza pensare ai rischi”. Parla il genitore di Giacomo, accoltellato a Mestre



Giacomo si immersa nelle situazioni con impulsività, senza alcuna forma di riflessione. Quando vi era la possibilità di offrire aiuto, si lanciava senza considerare i rischi o le conseguenze che avrebbe potuto affrontare. Era una persona così. Amava profondamente e generava amore intorno a sé. Di mio figlio, vi prego di registrare solo parole positive, e non ha importanza se possano apparire esagerate, poiché ogni aspetto positivo che descriverete di Giacomo corrisponderà sicuramente alla verità. Queste sono le parole di Luca Gobbato, il padre del 26enne accoltellato nella notte tra venerdì e sabato in Corso del Popolo a Mestre.



L’uomo, già direttore generale dell’azienda di rifiuti Jtaca della città di Jesolo, ha partecipato ieri alla manifestazione organizzata dal Centro sociale Rivolta, al quale il figlio apparteneva come attivista. “Ero stato invitato al compleanno di un amico insegnante che festeggiava i 45 anni in un bar a Mestre – racconta Luca Gobbato al Corriere – Pertanto, sono partito da Jesolo e ho contattato mio figlio e il suo amico Sebastiano.

Ho proposto loro di unirsi a noi per una birra, e ci siamo incontrati lì”. Dopo la festa, lui è ripartito mentre Giacomo e Sebastiano hanno deciso di restare ancora un po’ prima di incamminarsi a piedi. “So solo che quando ero ormai alle porte di Jesolo, quasi a casa, l’amico mi ha ricontattato e mi ha detto: ‘Torna subito indietro, hanno accoltellato Giacomo.’ Con il cuore in gola, ho invertito la marcia e sono tornato. All’arrivo, non ho potuto vedere mio figlio, era già dentro un’ambulanza. La dottoressa si è rivolta a me e ha dichiarato: ‘Stiamo facendo il possibile, ma le condizioni di suo figlio sono gravissime.’ Ho immediatamente chiamato la madre, Valentina. Noi siamo separati. Lei non era ancora a conoscenza di quanto accaduto”.

L’aggressore, ha aggiunto il padre di Giacomo Gobbato, “non si è fermato neppure dopo aver colpito Giacomo all’addome e il suo amico Sebastiano a una gamba; li ha lasciati a terra e ha aggredito un’altra ragazza, anche lei trasportata al Pronto soccorso per le ferite riportate”. Fuori dall’ospedale si erano riunite circa cinquanta persone. “Tutti amici di mio figlio, tutti compagni del Centro Rivolta come lui li chiamava, e io, per rispetto nei confronti di Giacomo, anche se potrei non concordare con le loro ideologie, li chiamo così – ‘compagni’ – nel senso più alto del termine”.



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