Il ritorno al lavoro di un pensionato che crea scompiglio: la sorprendente storia di Angelo Menapace
Angelo Menapace, un tempo panettiere e ora pensionato, si era conceduto il piacere di una vita tranquilla al raggiungimento dei 67 anni, dopo interminabili anni di duro lavoro. Scelto di trascorrere questo periodo serenamente, il pensionato però ha deciso di rispolverare la vecchia divisa da panettiere per dare una mano a suo cugino nella gestione del suo negozio. Questo non è stato preso bene dall’Inps che ora gli sta chiedendo di restituire ben 19mila euro. Questo perché “ha lavorato dopo essersi ritirato”. L’importo da lui richiesto ha sorpreso e sconcertato Menapace, residente di Tuenno, in provincia di Trento, che definisce la situazione come “kafkiana”, affermando che potrebbe non esistere un caso simile “forse nemmeno in tutto il mondo”.
Il guadagno per il lavoro svolto è stato etichettato a soli 280 euro al mese, il che significa che l’aiuto al parente potrebbe essere un atto di altruismo piuttosto che una vera e propria necessità finanziaria da parte di Menapace. Forse stanco dei lockdown e delle restrizioni imposte dalla pandemia di Covid-19, Angelo ha scelto di tornare a lavorare, nonostante la sua pensione ottenuta grazie a Quota 100 già da ben quattro anni, quando aveva solo 63 anni. La situazione è venuta alla luce recentemente quando Menapace ha condiviso la sua storia, i fatti risalgono però a tre anni fa, quando il cugino gli ha chiesto di dare una mano nella sua pescheria.
Rifiutato il ricorso da parte dell’Inps: “Deve restituire 19mila euro”
“Era un disastro”, ha raccontato l’infelice pensionato. “Ero all’inizio titubante, ma guardando la sua situazione, ho accettato di dare una mano, a patto che tutto fosse in regola”. Durante il primo mese di lavoro, ha accumulato 30 ore di lavoro, per un compenso di 280 euro. Solo a ottobre, Menapace si è accorto che quel ritorno al lavoro era incompatibile con la sua pensione. Dopo essersi recato all’Inps, si è reso conto che, nonostante il basso importo guadagnato, avrebbe dovuto affrontare delle conseguenze, in base alla discrezionalità del “funzionario” incaricato. Nell’anno successivo, l’Istituto gli ha richiesto di restituire un anno di pensione, ossia l’equivalente di 19mila euro, una cifra che Angelo ritiene “spropositata” rispetto al suo guadagno di soli 280 euro.
Il ricorso presentato non è stato sufficiente, in quanto è stato respinto dall’Inps. E così Angelo, questa volta, ha deciso di fare ricorso ad un avvocato: “Non capisco: come posso trovare questi soldi?” si è chiesto. “Quale lezione do ai miei tre figli? Che è meglio lavorare in nero per evitare problemi? Per oltre 40 anni ho sempre pagato le tasse”, ha risposto amaramente.
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