Controcopertina

“Rinuncio al cognome paterno”. Nicola Armando ha un papà famoso, ma non lo accetta



Nicola Armando Tozzi, figlio del celebre Umberto Tozzi, porta con sé il fardello di un cognome che non tollera. La ragione di questo rifiuto non risiede tanto nella celebrità del padre, quanto nella sua assenza emotiva durante gli anni cruciali della sua vita. Oggi, i suoi 36 anni si portano dietro un significato diverso: “Mi sono conquistato il mio posto nel mondo come Nicola, non come Tozzi. Ho un secondo nome e semplicemente dico: piacere, Nicola Armando. Se necessario, aggiungo Tozzi, ma alla domanda ‘sei parente di…?’ rispondo di no”, ha raccontato al Corriere della Sera.



Nicola ha trovato infine il coraggio di commentare le recenti dichiarazioni del padre, che ha rivelato di averlo “mandato sul lastrico” a causa della morte della madre. Umberto ha affermato che Serafina Scialò, sua ex moglie e madre di Nicola, era la causa della loro distanza. Ma Nicola non può restare in silenzio: “Mio padre ha detto false informazioni su di noi e mia madre non ha più la possibilità di difendersi. Non è per cercare la notorietà; se volessi, avrei parlato prima. Ho ricordi da quando avevo cinque anni su situazioni che ti segnano e ti fanno maturare troppo in fretta.”

I suoi ricordi d’infanzia sono un labirinto di emozioni complesse: “I miei genitori comunicavano esclusivamente attraverso avvocati e parenti, mentre io mi trovavo in mezzo a loro. Mamma mi ha sempre fatto sentire come un adulto, portandomi anche da avvocati e chiedendomi di telefonare a mio padre già a sei anni.” Ma cosa ha portato alla morte di sua madre? “Dopo la separazione, è crollata. Era una donna straordinaria, brillante, ma fragile: se ferita, reagiva in modo esplosivo.”

Nicola non ci sta e decide di affrontare le accuse rivolte alla madre. La presunta violazione di risorse da parte di Serafina è, secondo lui, una menzogna: “Quando si separarono, non erano legalmente sposati. Lei era incinta e, viste le sue frequentissime assenze, Tozzi le aveva dato due assegni in bianco per le emergenze. Quando mamma lo lasciò, si trovò in difficoltà nel cercare un’abitazione, e lui non si fece trovare. Fuori di sé dalla frustrazione, lei provò a depositare un assegno, ma non lo incassò. L’altro assegno copriva un’intera vita di spese domestiche, che non ha mai riscosso.”

La manipolazione di fatti e la confusione sui rapporti familiari lasciano Nicola in una posizione di immensa tensione, paradossalmente legata a un nome che lui non riconosce come proprio. “Parlare della mia vita e di mia madre è necessario”, sottolinea. “L’ombra del passato è sempre presente, ma ogni giorno sono determinato a camminare con la mia identità.” Con queste parole, Nicola si distacca da un cognome pesante, affermando la sua individualità e il diritto a una narrazione autentica della sua storia.



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