Nel tardo autunno del 2021, un caso scioccante ha scosso la città di Brescia: le tombe di 2.500 bambini scomparvero dal cimitero Vantiniano. A distanza di oltre due anni, la Procura ha avanzato oggi la richiesta di rinvio a giudizio per due funzionarie comunali coinvolte nella gestione del cimitero.
Le famiglie che avevano a cuore i ricordi dei propri piccoli defunti si sono trovate di fronte a una realtà inaccettabile. La rimozione delle tombe ha generato un’ondata di dolore e indignazione tra i genitori, costretti a inoltrare denunce senza sapere cosa fosse accaduto ai sepolcri.
La storia ha inizio nel cimitero Vantiniano di Brescia, dove tra il 2008 e il 2016 erano state inumate piccole salme di feti e neonati. Nel novembre 2021, un’operazione di disinterramento ha portato via 2.500 tombe, causando un profondo trauma a molti genitori. La vicenda è ora al centro di un’inchiesta condotta dal pubblico ministero Antonio Bassolino, che dovrà affrontare il prossimo 31 gennaio due funzionarie del comune, Elisabetta Begni e Monik Liliana Ilaria Peritore, accusate di reati gravissimi, tra cui occultamento e distruzione di cadavere.
Una rimozione controversa
Secondo le ricostruzioni, le funzionarie hanno ordinato la rimozione delle tombe senza alcun preavviso ai genitori, utilizzando escavatori per il rastrellamento delle salme. Non sono mancati momenti di disperazione, con mamme che si sono recate al cimitero con mazzi di fiori, solo per scoprire che il luogo di sepoltura del proprio piccolo non esisteva più. Una di queste madri ha raccontato: “È come se mi avessero strappato il mio bambino dalla terra due volte”.
Ci si è chiesti se i genitori avessero ricevuto comunicazioni adeguate riguardo all’esumazione, ma molti hanno segnalato l’assenza di avvisi o segnali visibili sulle lapidi, elemento previsto da regolamenti comunali. Infatti, i bollini che indicano l’intenzione di rimuovere le tombe non erano stati apposti come da prassi, aumentando la frustrazione delle famiglie coinvolte.
Le giustificazioni del Comune di Brescia
Di fronte a queste gravi accuse, il Comune ha replicato sostenendo di aver affisso avvisi nei 90 giorni precedenti all’inizio dei lavori, volti a informare i visitatori del cimitero della futura esumazione. Tuttavia, la Procura ha contestato la legittimità di tali azioni, evidenziando come le esumazioni siano state effettuate in un contesto di richiesta di sole 164 riesumazioni per il biennio 2021-2022, secondo la pianificazione comunale.
Inoltre, sono state segnalate irregolarità riguardo alla rimozione di salme inumate per meno di dieci anni, contravvenendo al Regolamento regionale. La questione ha sollevato interrogativi sull’operato delle autorità comunali e sulla trasparenza nella gestione del cimitero storico e monumentale.
La comunità bresciana ora guarda a questo processo con attenzione, sperando che possa portare alla luce la verità su una situazione che ha già causato un dolore incommensurabile per le famiglie coinvolte. La vicenda non è soltanto una questione legale, ma un doloroso capitolo nella vita di chi ha perso un figlio e cerca di trovare un modo per onorare la memoria dei propri cari. La mancanza di comunicazione e rispetto nei confronti delle famiglie coinvolte ha lasciato profonde cicatrici, e la speranza è che da questo tragico evento possa emergere una maggiore consapevolezza sulla gestione dei cimiteri e sul diritto di ogni genitore di ricordare e onorare i propri defunti.
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