Reclusi sottoposti a torture con versamenti di urina, il magistrato descrive le brutalità nel carcere di Trapani



Nel carcere di Trapani, il reparto blu, recentemente chiuso a causa di gravi problemi igienico-sanitari, era teatro di episodi inquietanti che coinvolgevano i detenuti più vulnerabili, quelli in isolamento o con disturbi mentali. Secondo le dichiarazioni del procuratore di Trapani, Gabriele Paci, durante una conferenza stampa, le violenze perpetrate dagli agenti della polizia penitenziaria non erano occasionali, ma seguivano un metodo apparentemente sistematico, volto a mantenere l’ordine all’interno della struttura.



Le parole del procuratore Paci sono state chiare nel descrivere la gravità delle azioni compiute: “A volte i detenuti venivano fatti spogliare, investiti da lanci di acqua mista a urina e subivano violenze quasi di gruppo, gratuite e inconcepibili”. Questa descrizione ha contribuito a far sì che il giudice per le indagini preliminari (gip) Giancarlo Caruso classificasse alcuni di questi atti come vere e proprie torture.

L’inchiesta ha portato alla luce circa venti casi di abusi all’interno del carcere Pietro Cerulli. Venticinque poliziotti sono stati accusati di tortura e abuso di autorità nei confronti dei detenuti. Nel reparto in cui si verificavano questi episodi, fino a poco tempo fa, non erano presenti sistemi di videosorveglianza. Questo ha permesso agli agenti di agire senza timore di essere scoperti. Tuttavia, l’installazione successiva delle telecamere ha permesso di documentare le violenze commesse tra il 2021 e il 2023.

Il procuratore Paci ha sottolineato lo stato di degrado e il clima di stress che permeavano la vita carceraria, coinvolgendo anche gli agenti di polizia penitenziaria. Tuttavia, ha chiarito che tali condizioni non possono in alcun modo giustificare le azioni violente degli agenti. “In questa sorta di girone dantesco sembra di leggere parti dei Miserabili di Victor Hugo”, ha aggiunto, evidenziando la gravità della situazione.

Le misure adottate fino ad ora comprendono undici arresti e quattordici sospensioni dall’esercizio delle funzioni per gli agenti coinvolti. Non tutte le richieste della procura sono state accolte dal gip, e attualmente ci sono 46 indagati nell’ambito dell’inchiesta.

Il caso ha suscitato un forte clamore mediatico e ha sollevato interrogativi sul sistema carcerario italiano e sulla gestione dei detenuti con problemi psichiatrici o psicologici. La situazione nel carcere di Trapani è stata paragonata a un girone infernale, con condizioni che hanno portato a una serie di violazioni dei diritti umani.

Le indagini continuano e ci si aspetta che emergano ulteriori dettagli su quanto accaduto. Nel frattempo, il Ministero della Giustizia ha annunciato l’intenzione di avviare una revisione delle pratiche carcerarie per prevenire il ripetersi di simili episodi in futuro. La vicenda ha messo in luce la necessità di una riforma del sistema penitenziario, affinché sia garantito il rispetto dei diritti umani e la dignità dei detenuti.

Nel contesto delle indagini, è emerso che la mancanza di videosorveglianza nel reparto blu del carcere ha giocato un ruolo cruciale nel permettere agli abusi di rimanere inosservati per un lungo periodo. Solo l’installazione successiva delle telecamere ha permesso di raccogliere prove concrete delle violenze perpetrate dagli agenti. Questo fatto ha sollevato interrogativi sulla gestione della sicurezza all’interno delle strutture detentive e sull’importanza di garantire la trasparenza e il controllo delle attività svolte al loro interno.

L’inchiesta in corso sta cercando di determinare l’entità delle responsabilità individuali degli agenti coinvolti e se ci siano stati tentativi di coprire o minimizzare gli abusi da parte della direzione del carcere o delle autorità competenti. Le testimonianze raccolte finora indicano un clima di omertà e paura tra i detenuti, molti dei quali hanno esitato a denunciare gli abusi per timore di ritorsioni.

In risposta a queste rivelazioni, diverse organizzazioni per i diritti umani hanno espresso preoccupazione per la situazione nelle carceri italiane e hanno chiesto un’indagine indipendente per garantire che i responsabili siano chiamati a rispondere delle loro azioni. La comunità internazionale guarda con attenzione agli sviluppi del caso, considerandolo un test cruciale per la capacità dell’Italia di affrontare le violazioni dei diritti umani all’interno del proprio sistema penitenziario.



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