La Procura di Venezia ha richiesto il massimo della pena per un caso ritenuto tra i più gravi della storia criminologica italiana. Possibili attenuanti in appello.
La richiesta della Procura di Venezia non sorprende: il pubblico ministero ha sottolineato l’importanza di riconoscere le circostanze aggravanti, tra cui la crudeltà, la premeditazione e la relazione affettiva, in un caso che ha scosso profondamente l’opinione pubblica. La gravità dei fatti emersi durante le indagini ha portato a considerare l’ergastolo come la pena più adeguata, nel rispetto delle disposizioni previste dal sistema giuridico italiano.
Il pubblico ministero ha spiegato che “la Procura ha ovviamente insistito per il riconoscimento delle circostanze aggravanti della crudeltà e della premeditazione. C’è poi contestata l’aggravante della relazione affettiva: tutti gli elementi acquisiti fanno propendere per una sentenza di condanna alla pena massima prevista dal nostro ordinamento ovvero all’ergastolo”. Ha inoltre aggiunto che si tratta di “uno dei fatti più terribili della storia criminologica italiana ed è giusto che, in caso di condanna, la pena sia esemplare”.
Tuttavia, il sistema penale italiano prevede che anche una condanna così severa come l’ergastolo abbia una componente educativa. Lo stesso pm ha sottolineato che “è prevista la rieducazione anche nell’ergastolo per la giovane età”. Questo principio si basa sull’idea che la pena non debba essere solo punitiva, ma anche mirata a favorire un cambiamento nel condannato.
Nel nostro ordinamento, infatti, il carcere non è concepito esclusivamente come uno strumento afflittivo. “La pena non ha solo una funzione afflittiva, ma deve avere anche una finalità rieducativa”, ha spiegato il magistrato. “Il carcere non è, in sostanza, un modo per passare il tempo, ma questo tempo deve servire per far sì che il reo raggiunga la piena consapevolezza di quanto commesso, e possa rendersi conto del disvalore dell’azione, giungendo alla cd. ‘resipiscenza’”. Nonostante ciò, il pm ha espresso una certa dose di scetticismo sull’efficacia del sistema attuale: “Posso dire che nella maggior parte dei casi, il detenuto esce dal carcere più incattivito di prima. E per nulla cambiato. Per ‘rieducare’ certi soggetti servono percorsi specifici”.
Un aspetto interessante del sistema penitenziario italiano è rappresentato dai cosiddetti benefici penitenziari. Anche i condannati all’ergastolo possono accedere a misure come la liberazione anticipata o i permessi premio dopo aver scontato una parte della pena. Questo potrebbe rappresentare una possibilità futura anche per Filippo Turetta, qualora venisse condannato.
Dal punto di vista della difesa, si è cercato di mettere in discussione alcune delle aggravanti contestate. Particolare attenzione è stata posta sull’aggravante della premeditazione, cercando di farla ricadere nella categoria della preordinazione. Tuttavia, secondo il pm, gli elementi raccolti durante le indagini indicano chiaramente la presenza di premeditazione. “Con riferimento alla premeditazione, questa aggravante si realizza appunto – come nel caso di specie – quando trascorre un apprezzabile intervallo temporale tra l’insorgenza del proposito criminoso e l’attuazione di esso (elemento cronologico) e quando questo proposito sia mantenuto per tutto questo tempo fino all’esecuzione del delitto (elemento ideologico)”, ha precisato.
Il magistrato ha poi aggiunto: “Nel caso di specie, sono stati acquisiti tutti gli elementi che fanno propendere per la premeditazione, pensiamo alle ricerche, la lista, il materiale acquistato (il nastro, i coltelli, il denaro contante). Non ho dubbi sulla premeditazione”. Questo rende estremamente difficile per la difesa ottenere una riduzione della pena basandosi su questo aspetto.
Una possibile strada alternativa potrebbe essere rappresentata dalla giustizia riparativa. Questo approccio prevede un percorso parallelo al processo tradizionale e mira a coinvolgere il condannato in un programma educativo specifico. Il pm ha spiegato: “Si tratta di un percorso parallelo al processo che prevede un programma di trattamento specifico per il condannato. In caso di superamento positivo del predetto progetto educativo, si potrà riconoscere all’imputato una circostanza attenuante specifica che in appello – se ritenuta equivalente – alle contestate aggravanti, potrà essere idonea a far cadere l’ergastolo”.
La giustizia riparativa potrebbe quindi rappresentare una speranza per Filippo Turetta, qualora venisse condannato. Tuttavia, l’applicazione di questa misura dipenderà dalla capacità dell’imputato di dimostrare un sincero pentimento e un impegno concreto nel percorso educativo previsto.
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