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Quali sono le conseguenze per la donna che ha travolto e ucciso un uomo a Viareggio: perché non si applica la legittima difesa



Cinzia Dal Pino, una donna di 65 anni, è attualmente accusata di aver investito intentionalmente e ucciso Said Malkoun, un uomo di 47 anni, nel centro di Viareggio. Secondo la testimonianza della Dal Pino, l’uomo l’avrebbe rapinata poco prima dell’incidente mortale. La gravità dell’accusa è stata resa evidente da un video registrato dalle telecamere di sorveglianza della zona, che ha permesso di identificare la donna e ricostruire i dettagli dell’evento.



Cinzia Dal Pino è stata arrestata con l’accusa di omicidio volontario dopo che gli inquirenti avevano analizzato le immagini del crimine. Nel video, si possono vedere gli istanti drammatici in cui la donna schiaccia Malkoun contro una vetrina, per poi fare retromarcia e investirlo nuovamente. Dopo l’incidente, la vittima è stata trovata in condizioni critiche e, successivamente, è deceduta in ospedale. Questo fatto ha catalizzato l’attenzione e il dibattito pubblico sul tema della difesa personale e le relative implicazioni legali.

A seguito di questa tragica vicenda, Fanpage.it ha intervistato Valerio de Gioia, un giudice della Corte d’Appello di Roma, per fornire un approfondimento giuridico sul caso, che solleva questioni complesse riguardo all’interpretazione della legge.

Il giudice de Gioia ha sottolineato che, dalle immagini analizzate, emerge un chiaro intento doloso. “Sembra evidente l’intenzione di uccidere. Se le responsabilità dell’imprenditrice risultassero confermate, dovremmo considerare questo caso come omicidio volontario, che comporta una pena minima di 21 anni. L’omicidio è l’unico reato privo di una pena massima”, ha dichiarato.

Perché nel caso di Viareggio non si può parlare di legittima difesa

La Dal Pino ha sostenuto di aver reagito a una rapina, sollevando interrogativi sulla possibile applicazione della legittima difesa. Secondo il giudice, ciò non è applicabile: “La legittima difesa prevede una reazione immediata a un attacco attivo. Tuttavia, se la rapina era già conclusa al momento del fatto, come sembra emergere dal video, non possiamo parlare di legittima difesa”.

De Gioia ha chiarito che la proporzionalità della risposta è cruciale: “Non si può invocare la legittima difesa per una borsetta”, ha insistito, spiegando che la reazione deve essere adeguata alla minaccia. Inoltre, la legittima difesa deve essere attivata solo mentre l’aggressione è in corso. “Qualora un aggressore stia già fuggendo, non si può giustificare una reazione violenta”, ha concluso.

Nonostante le gravi accuse, de Gioia ha indicato che potrebbe delinearsi una strategia difensiva basata su una circostanza attenuante. Si potrebbe considerare la provocazione, che potrebbe comportare una riduzione della pena fino a un terzo, se la Dal Pino ha agito in un momento di ira conseguente a un “fatto ingiusto”. “Sicuramente, la rapina della borsa può integrarsi in questa tipologia di fatto. Tuttavia, a differenza della legittima difesa, non è necessaria l’immediatezza nell’azione”, ha spiegato l’esperto.

“Attualmente, non sembrano emergere aggravanti. La provocazione coprirebbe eventuali motivi di reato futili o abietti. Potrebbe anche esserci la possibilità di richiedere un processo abbreviato, che offrirebbe un ulteriore sconto di pena”, ha aggiunto.

L’importanza della condotta post-reato

Un altro fattore rilevante riguardante il video è la condotta della donna dopo l’incidente. “Sembra che non abbia cercato di rimediare alla sua azione. Questo è significativo perché, qualora si prendessero misure per contenere i danni dopo un atto criminoso, si potrebbe ottenere una riduzione di pena per ravvedimento o pentimento operoso”, ha affermato de Gioia.

Il giudice ha anche messo in guardia su una diffusa errata interpretazione della legittima difesa. Secondo lui, c’è una convinzione errata che essa possa essere applicata in molte situazioni. “L’aggressione deve essere in atto, e non si può ricorrere alla giustizia privata. Infliggere pene senza il supporto delle leggi del nostro Stato è assolutamente inaccettabile”, ha concluso il giudice, chiarendo che la pena di morte non è prevista nel nostro ordinamento giuridico.

La vicenda di Cinzia Dal Pino rimane complessa e sfumata, facendo emergere interrogativi non solo sul piano giuridico, ma anche sul tema più ampio delle reazioni umane a situazioni di emergenza e violenza. Sarà interessante seguire gli sviluppi di questa inchiesta e comprendere come il sistema legale affronterà la questione.



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