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Paderno sotto choc per l’omicidio, lo psichiatra Migliarese: «Voleva cancellare ogni cosa, ma ora il 17enne comprenderà cosa significa la solitudine»



Un ragazzo alienato e spaventato: le parole dello specialista sull’omicidio a Paderno Dugnano



La drammatica confessione del giovane killer, ora in custodia, rivela un malessere profondo e una vulnerabilità inaspettata. Una riflessione complessa sul disagio giovanile.

«Mi sentivo un estraneo all’interno della mia famiglia. Avevo un forte malessere. Ci pensavo da un po’…» Queste le parole del ragazzo interrogato, dove racconta le sue motivazioni e offre giustificazioni per il suo gesto. «Questa è la sua verità, ciò che percepisce, il suo apparente ragionamento. Qui si evidenzia una distanza dall’umanità. Non sembra comprendere di aver inflitto a morte gli esseri che, in un certo senso, sono parti di lui stesso», commenta Giovanni Migliarese, direttore della Struttura Complessa Salute Mentale Lomellina a Pavia, esperto nel campo dei disturbi adolescenziali.

Ultimi eventi a Paderno Dugnano, i nonni del 17enne si avvicinano al nipote: «Abbiamo pena e compassione per lui, desideriamo incontrarlo». Sarà nominato un tutore.

Parliamo davvero di un ragionamento logico?

«Si tratta di una logica distorta, il suo scopo, senza considerare le conseguenze, era quello di cancellare tutto ciò che lo faceva sentire in difetto. Ha oggettificato i suoi simili. In quel frangente non sentiva emozioni verso di loro».

Si può affermare che pensasse che l’unica via fosse la morte? Che le sue coltellate rappresentassero la fine del suo dolore?

«Non riuscendo a affrontare il suo disagio in maniera diversa, credeva, senza dubbio, che quella fosse l’unica via di fuga».

Il sentirsi soli è una condizione tipica dell’adolescenza. Può portare a gesti così estremi?

«Un adolescente fatica a gestire le proprie emozioni, può esplodere in rabbia, ma non oggettivizza l’altro. Non annienta il prossimo. E, alla sua età, a prescindere dall’educazione ricevuta, ha la capacità di autodeterminarsi».

Gli omicidi sono avvenuti una notte dopo il compleanno del padre…

«Non può essere una semplice coincidenza. È importante ricordare che ha contattato la polizia asserendo che era stato il padre a uccidere la madre e il fratello».

A Paderno Dugnano, il pretesto del 17enne che ha sterminato la sua famiglia: «Si sentiva estraneo, rimandato a settembre; ultimamente ascoltava musica triste».

I genitori avrebbero potuto percepire il suo disagio? Si continua a descriverlo come un ragazzo tranquillo, sportivo e studioso.

«Il male non si manifesta sempre in modo evidente. Ha celato bene i suoi sentimenti. Il giovane può aver mantenuto un comportamento impeccabile negli anni, senza mai rivelare la sua vera condizione. Tuttavia, ora, dopo aver distrutto la sua famiglia e, in sostanza, una parte importante di sé, si ritrova a condividere il suo intimo disagio con estranei».

L’adolescente agisce senza pensare alle conseguenze?

«In genere, per i giovani vi è un forte senso del futuro, ciò che conta è mettere insieme esperienze diverse. Tendono a vivere, anche commettendo stupidaggini, poiché non hanno ancora esperienza. Questo ragazzo ha focalizzato tutto sul gesto estremo che annienta. Senza rendersi conto che ora dovrà davvero confrontarsi con la solitudine».

Sentire un atto di violenza come altro da sé, distaccandosi dalle emozioni, è frequentemente associato ai videogiochi, che pur essendo spesso crudi, non coinvolgono emotivamente. Qual è la sua opinione?

«Certamente, i videogiochi possono portare a un distacco emotivo. L’esposizione a situazioni violente e immersive, che non richiedono empatia, può contribuire, in alcuni individui, alla desensibilizzazione».

La realtà diventa un videogioco? Ma tu, in questo caso, diventi il protagonista, non sei più solo uno spettatore?

«Il protagonista non prova nulla mentre infligge coltellate al collo dei genitori e del fratello, cercando di evitarne le grida. Potrebbe aver sviluppato nel tempo questo distacco dalle emozioni, sia dalle sue sia da quelle dei suoi familiari».

Finora il ragazzo parla di sé, delle motivazioni che l’hanno spinto all’omicidio. Il suo comportamento riesce a farlo apparire più un bambino che un adolescente?

«In effetti, un comportamento adolescenziale dopo un attacco di violenza familiare, piuttosto che dopo una rissa, potrebbe essere quello di dire: “Se la sono cercata”. È come se avesse risposto a una provocazione estrema; come se fosse stato l’altro a portarlo a quel punto».

La sorprende il fatto che ora stia raccontando della sua solitudine?

«Attualmente è costretto a esprimersi. Forse sta comunicando ciò che non ha mai trovato il modo di dire prima nella sua casa. Le vere dinamiche familiari ci sfuggono. Ognuno ha le proprie segreti, come tutti gli adolescenti».

A cosa pensa?

«Non sappiamo, ad esempio, se potesse fare uso di stupefacenti. Spesso si tratta di una concausa di un atto così violento».



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