Controcopertina

Paderno Dugnano, il ragazzo omicida e la strage con 68 colpi di coltello. «Con mio fratello abbiamo giocato alla PlayStation poco prima»



Un momento di intensa riflessione e pentimento: la confessione del giovane autore della strage di Paderno Dugnano e la sua cerca di libertà. Un dramma familiare inaspettato.



Davanti ai magistrati, il giovane autore del triplice omicidio di Paderno Dugnano ha descritto l’atto come una forma di «emancipazione», sostenendo di essersi sentito soffocato e desideroso di vivere libero. Questa sofferenza ha coinvolto non solo la sua famiglia, ma anche il contesto scolastico e la totalità della sua esistenza, come ha chiarito il suo legale.

All’interno del carcere Beccaria, la sua percezione dei fatti è cambiata: «Se potessi, tornerei indietro. Provo dolore e pentimento». Nella tragica notte di sabato, R., 17 anni, ha ucciso a coltellate il padre, la madre e il fratello dodicenne, infliggendo ben 68 colpi, la maggior parte dei quali diretti al fratello, con il quale stava giocando alla PlayStation poco prima dell’atroce gesto. Ancora sporco di sangue, al cospetto degli inquirenti si è mostrato «lucido e tranquillo», persino quando ha tentato di scaricare la responsabilità sul padre, Fabio. Adesso, però, si dice «dispiaciuto» e si confessa con don Claudio Burgio, il cappellano del carcere, apprendendo per la prima volta il suo avvocato Amedeo Rizza, scelto dai nonni per offrire supporto al ragazzo. «Non avrei mai pensato di arrivare a uccidere. Mi trovavo in uno stato di disagio, di angoscia esistenziale. Non riesco a spiegarmi cosa sia scattato quella sera, ma è successo», ha tentato di chiarire la strage attraverso il suo avvocato.

Strage Paderno Dugnano: il cappellano don Burgio ha visitato il giovane assassino in carcere, sottolineando che «non esistono ragazzi cattivi».

L’INTERROGATORIO DELL’INDAGATO

Ieri, R. è stato interrogato per un’ulteriore ora e mezzo dalla procuratrice dei minori facente funzione Sabrina Ditaranto e dal pm Elisa Salatino. I magistrati hanno esaminato dettagli come gli orari di spostamento nella villetta dove ha compiuto il massacro, contestando l’ipotesi di premeditazione che aggraverebbe l’accusa di omicidio. Durante il primo interrogatorio, ha dichiarato: «Ci pensavo già da qualche giorno». Tuttavia, ha ridimensionato questa affermazione, spiegando: «È un’idea che si è manifestata quella sera, nel tentativo di trovare una soluzione al mio disagio, di cui non capivo l’origine. Questo malessere era un pensiero costante nella mia mente, ma non immaginavo di dover uccidere i miei familiari; questa idea l’ho elaborata solo in quel momento». Davanti ai magistrati, ha descritto il triplice omicidio come un atto di «emancipazione», dichiarando di sentirsi soffocato e di voler vivere libero. L’avvocato ha sottolineato che la sua sofferenza era legata non solo alla famiglia, ma a ogni aspetto della sua vita, inclusa la scuola. Il giovane ha rivelato una sensazione di estraneità, affermando: «Mi sentivo solo anche quando ero circondato da altri. Non avevo una reale comunicazione con nessuno. Era come se nessuno potesse comprendermi».

Per gli inquirenti, quella notte R. aveva pianificato i movimenti e il tempismo all’interno dell’abitazione. Partecipò ai festeggiamenti per il compleanno del padre, attese finché i genitori e il fratello non andarono a letto, e scese in cucina per prendere il coltello circa cinque minuti prima delle due, pronto a uccidere. Secondo i magistrati, esiste una pianificazione e il progetto si sarebbe concretizzato nei giorni precedenti. «Abbiamo deciso di interrogarlo di nuovo per chiarire alcuni dettagli relativi alla presunta premeditazione, ma la nostra postura non cambia», ha sottolineato la procuratrice Ditaranto. «Sicuramente, l’idea non è immediatamente emersa prima dell’azione; rimane premeditata». Questo punto controverso rimane oggetto di discussione tra l’accusa e la difesa. Rizza ha affermato: «Per noi, la premeditazione non esiste. È stato un gesto estemporaneo e, se avesse riflettuto, non l’avrebbe mai compiuto».

Nei prossimi giorni, saranno eseguiti accertamenti irripetibili su telefono e computer di R., dove potrebbero emergere prove di una potenziale preparazione del piano di omicidio. Questo aspetto sarà cruciale nel prossimo interrogatorio di convalida, mentre si procederà con le autopsie e sarà nominato un tutore legale per il 17enne. L’unico desiderio manifestato dal giovane è quello di rivedere i nonni, cosa che non potrà avvenire fino all’udienza di convalida. Nel frattempo, ha potuto parlare con don Burgio. «Ha voluto confessarsi subito. Ho trovato un ragazzo fragile, ma lucido e in grado di comunicare», ha raccontato. «Mi ha detto: “Tu sei quello che ritiene che non esistono ragazzi cattivi”. Dopo la confessione, abbiamo conversato». Questa è l’impressione di don Burgio: non un “adolescente in difficoltà nella comunicazione, ma un giovane che definirei “normale”, all’interno di una famiglia normale. È consapevole della gravità di quanto ha fatto e che la giustizia seguirà il suo corso». Per l’avvocato Rizza, «il suo dolore attuale non è legato a cosa lo attenderà nel futuro, ma alla perdita delle vite dei suoi familiari». La procuratrice Ditaranto rimane cauto, dichiarando: «Per il pentimento, ci vuole tempo».



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