Un quindicenne ha confessato di aver compiuto un triplice omicidio contro la sua famiglia. Dietro questa azione si nascondono disagi e una profonda angoscia personale.
Il malessere
Il giovane, 17enne di Paderno Dugnano, si è aperto al suo avvocato, Amedeo Rizza, esprimendo un incomprensibile senso di estraneità rispetto al mondo circostante, sfociato in un disagio che lo ha accompagnato per giorni. Ha raccontato di aver ascoltato musica triste ininterrottamente e di essere stato sopraffatto da pensieri di violenza. Hanno trovato tragica realizzazione in una sequenza di eventi che hanno portato alla morte del fratello di 12 anni, della madre di 48 anni, Daniela, e del padre, Fabio Chiarioni, che aveva appena festeggiato il suo 51esimo compleanno.
La serata del 1° settembre è iniziata come una qualsiasi altra, ma la mente del giovane era già in tumulto. L’azione che ha compiuto sembra essere stata tanto impulsiva quanto premeditata, scaturita da un amaro e implacabile conflitto interiore. Molti cercano risposte logiche a questo atroce crimine; il 17enne stesso ha affermato: «Non so spiegarmi cosa mi sia scattato**».
La confessione
Dopo il crimine, è stato trovato seduto su un muretto davanti alla casa, con il coltello ancora sporco di sangue. Ha contattato i carabinieri, presentandosi come un giovane che aveva appena commesso un delitto per difendere se stesso dalla brutalità di un padre che, secondo lui, aveva ucciso il resto della famiglia. Tuttavia, davanti ai magistrati, ha ritrattato questa versione, rivelando il peso della sua azione, una sorta di liberazione interiore.
Le autorità hanno notato che il giovane appariva sereno, ma non credevano che fosse a posto con la propria coscienza. La pm Sabrina Ditaranto ha sottolineato come il ragazzo abbia mostrato segni di consapevolezza riguardo alla gravità delle sue azioni e alla impossibilità di tornare indietro. Durante il colloquio, si è parlato di un malessere interiore, di pensieri di morte presenti nei giorni precedenti all’omicidio, che non aveva mai condiviso con nessuno.
Il debito a scuola
Gli amici e i docenti lo descrivono come un bravo studente, con solo un debito in matematica che aveva intenzione di recuperare prima di intraprendere l’ultimo anno di liceo. Appassionato di pallavolo, non dava segni di instabilità: anzi, quel giorno aveva persino festeggiato il compleanno del padre con parenti e amici senza lasciare sospetti sul suo stato d’animo. È questo senso di normalità che colpisce e fa riflettere, creando una discrepanza profonda tra la sua vita quotidiana e l’atto estremo di violenza.
Le autorità sono ora impegnate in un’indagine approfondita per comprendere le radici di questo gesto. Nonostante sia chiaro che ci siano stati segnali di disagio, la mancanza di una motivazione comprensibile rende il caso ancora più inquietante.
Resta da vedere come il sistema giudiziario si occuperà di questo giovane, che porta con sé un peso inimmaginabile e che, con il suo gesto, ha cambiato per sempre il corso delle loro vite. Il dramma di Paderno Dugnano è solo un esempio di come il disagio giovanile possa sfociare in tragedie inaspettate, lasciando un segno profondo non solo sulle vittime, ma su tutta la comunità.
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