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Manovra, scontro politico sul divieto ai compensi esteri: tensioni tra partiti e accuse reciproche



La discussione sulla legge di bilancio, in particolare sulla norma che vieta ai parlamentari di ricevere compensi esteri – soprannominata norma anti-Renzi – ha scatenato ieri uno scontro politico dai toni tesi. Da un lato il Movimento 5 Stelle che punta a irrigidire il provvedimento, dall’altro Forza Italia, orientata ad allentare le restrizioni. Nel mezzo, la posizione del leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che ha dichiarato con fermezza: “Cambiano leggi per farmi fuori? Non ci riusciranno”.



Il partito guidato da Giuseppe Conte ha avanzato un subemendamento con l’obiettivo di rendere ancora più severa la norma. La proposta prevede che i parlamentari, durante il loro mandato e per l’anno successivo alla cessazione dello stesso, non possano ricevere “contributi, prestazioni, controprestazioni o altre utilità erogati, direttamente o indirettamente, da governi o da enti pubblici di Stati esteri o da persone fisiche o giuridiche aventi sede in uno Stato estero non assoggettati a obblighi fiscali in Italia, anche mediante interposizione di persona o di società o enti”.

In aggiunta, il subemendamento dei pentastellati punta a eliminare la deroga introdotta dall’articolo 111 della Finanziaria, che consente autorizzazioni speciali concesse dalle giunte di Camera e Senato per accettare incarichi esterni. Questa misura rappresenterebbe una stretta definitiva contro qualsiasi interpretazione flessibile del divieto.

Di segno opposto l’iniziativa di Forza Italia, che ha presentato un subemendamento per alleggerire il divieto. La proposta prevede che gli incarichi esteri possano essere autorizzati dagli organi competenti entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge. La misura non riguarderebbe solo parlamentari, ma anche membri del governo, presidenti di regione ed eurodeputati.

Secondo alcuni osservatori, questa mossa potrebbe giovare anche a Matteo Renzi e ad altri politici con incarichi extraistituzionali. Tuttavia, Antonio Tajani, leader di Forza Italia, ha precisato che il provvedimento non è nato per favorire specificamente qualcuno: “Il divieto non è farina del nostro sacco”.

Le parole di Tajani non hanno placato le polemiche. Alcuni esponenti della maggioranza hanno suggerito che la proposta di Forza Italia sembri quasi un “messaggio in bottiglia”, riferendosi alla possibilità di dichiarare incarichi in corso, aprendo uno scenario interpretativo controverso.

Il deputato Roberto Pella, firmatario del subemendamento, ha cercato di chiarire la questione: “Si dovrebbe applicare solo agli incarichi futuri”, ha spiegato dopo aver consultato l’ufficio legislativo di Forza Italia.

A complicare ulteriormente il quadro, è arrivato un nuovo subemendamento presentato da Giovanni Cannata di Fratelli d’Italia. La proposta stabilisce che l’autorizzazione agli incarichi esterni sia concessa soltanto se il compenso percepito non supera i 100 mila euro all’anno. Questa misura rappresenta un compromesso tra il divieto assoluto e la possibilità di accettare incarichi senza limiti.

Nel dibattito acceso si inserisce anche il Partito Democratico, che ha annunciato la propria contrarietà all’articolo 111 così come formulato attualmente. Il provvedimento, infatti, contiene anche l’aumento degli stipendi per ministri e sottosegretari, una misura che il Pd ritiene inopportuna in questa fase economica.

Al centro della contesa rimane Matteo Renzi, leader di Italia Viva, il quale ha minimizzato l’impatto della norma: “Non ho paura delle loro leggi, non riusciranno a fermarmi”, ha affermato con sicurezza prima dell’inizio della seduta notturna sulla manovra.

Renzi, che negli ultimi anni ha mantenuto un profilo internazionale con incarichi esteri di rilievo, potrebbe essere uno dei principali interessati dalle nuove disposizioni. Tuttavia, il leader di Italia Viva ha scelto di mantenere un atteggiamento distaccato, sottolineando come la legge sia pensata per danneggiarlo ma che non avrà successo.

Lo scontro sulla cosiddetta norma anti-Renzi mette in luce profonde divisioni all’interno della maggioranza di governo e tra le forze di opposizione. Il Movimento 5 Stelle insiste sulla necessità di una politica più rigorosa e trasparente, mentre Forza Italia e Fratelli d’Italia cercano soluzioni più flessibili che possano tenere conto delle diverse situazioni dei parlamentari.

Il dibattito sulla manovra finanziaria, dunque, si fa sempre più acceso, con accuse incrociate e strategie di posizionamento che vanno oltre il merito del provvedimento. L’approvazione finale della legge e degli emendamenti collegati potrebbe avere ripercussioni significative non solo per i singoli parlamentari, ma anche per gli equilibri politici futuri.



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