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Lucia Perez, seviziata e uccisa con un bastone a 16 anni: per i giudici era consenziente



Il caso di Lucia Perez, sedicenne vittima di violenza e uccisa tramite impalamento, ha sempre trovato posto nelle pagine marginali delle cronache italiane o nei blog delle cosiddette femministe. La sua rilevanza come fenomeno politico nella cultura italiana è stata frequentemente trascurata, così come la copertura mediatica del suo caso – comparabile a quella di Pamela Mastropietro – è rimasta incredibilmente bassa. Quali sono le ragioni di tutto ciò?



La morte di Lucia

Per comprendere appieno la questione è opportuno rivedere i fatti. L’8 ottobre 2016, Lucia, una studentessa di sedici anni proveniente da una famiglia di modesta estrazione sociale, viene ricoverata nel pronto soccorso dell’ospedale di Mar del Plata, situato a pochi chilometri da Buenos Aires. Practicamente abbandonata all’ingresso da due sconosciuti che accennano a un’ipotetica ‘overdose’, muore pochi istanti dopo i tentativi di rianimazione. La sua condizione inizialmente viene catalogata come quella di un’altra tossicodipendente sbandata. Tuttavia, l’autopsia rivela una verità ben più agghiacciante: Lucia è stata brutalmente stuprata e torturata con un oggetto contundente, il che ha provocato il suo decesso. Prima di essere trasportata in ospedale, i suoi aguzzini l’hanno ripulita dal sangue, le hanno fornito abiti puliti e l’hanno abbandonata davanti all’ospedale.

Primo sciopero femminile in Argentina

Scatta immediatamente la reazione della rete per i diritti delle donne in Argentina, che conduce al primo sciopero generale femminile del Paese e a una serie di manifestazioni contro la violenza patriarcale, le quali, per osmosi, si replicano anche in Europa. Dal punto di vista legale, il caso appare relativamente semplice: ci sono sufficienti elementi per sostenere l’accusa di omicidio come conseguenza della violenza sessuale a carico di due imputati: il 23enne Matías Farías e il 41enne Juan Pablo Offidani. Un terzo sospettato, Alejandro Alberto Masiel, è accusato solo di favoreggiamento.

Assolti gli assassini, sotto inchiesta la pm

È il processo a dare una dimensione unica alla storia di Lucia Perez. Secondo la Pubblica Ministero Maria Isabel Sanchez, gli imputati Farías e Offidani hanno sfruttato la dipendenza da droghe della giovane, attirandola nella casa di Farías. Negli interni dell’appartamento del 23enne, circondati da marijuana e cocaina, l’hanno stuprata brutalmente per poi tentare di occultarne la morte. La difesa, al contrario, sostiene che la morte della ragazza sia avvenuta in occasione di un rapporto sadomaso di natura consenziente, riconoscendo un coinvolgimento di un bastone. Di chi sia la ragione in tal contesto rimane dunque da decidere. Le conclusioni dei giudici, nonostante il clamore e l’emozione suscitati dal caso, si orientano a favore della difesa. I due imputati, colpevoli solo di averle venduto droga, vengono assolti dall’accusa di omicidio e persino di stupro.

Il caso di Lucia Perez assume quindi una connotazione politica ancora più incisiva. La PM Maria Isabel Sanchez viene accusata di aver influenzato l’opinione pubblica divulgando ai media i dettagli dell’esame autoptico, portandola a essere messa sotto inchiesta. Al termine del procedimento, la tragica sorte di Lucia, secondo i giudici Pablo Viñas, Facundo Gómez Urso e Aldo Carnevale, è stata ridotta a “frutto dell’immaginazione della Sanchez”. Di conseguenza, non solo i giudici non collegano la morte alle sevizie sessuali come conseguenza diretta, ma nemmeno come evento accidentale, in relazione al quale sarebbe dovuto essere contestato almeno l’omicidio colposo. Nulla di tutto ciò. Sembra evincersi dalle parole dei giudici che per la morte di Lucia non si debba incolpare alcuno, se non la stessa vittima.

Qui ci fermiamo a rievocare i fatti, alla luce della sentenza del 28 novembre 2018 emessa dal tribunale di Mar del Plata, un altro episodio oscuro che calpesta la dignità della vittima, unicamente a causa del suo essere donna. Così commenta il movimento ‘Ni una menos’:

Lucía Pérez è stata uccisa due volte. La prima dai suoi aggressori diretti; la seconda, da coloro che li hanno assolti, negando in tal modo la responsabilità di due adulti che somministrano cocaina per ridurre in stato di assoggettamento un’adolescente. Vogliamo forse dire che la sua vita non ha alcun valore, che le dinamiche di potere alla base della violenza maschilista non esistono, e che il vasto movimento femminista, che ha fatto del suo sorriso un simbolo di lotta in tutto il Paese, deve tacere? Non lo faremo, non perdoniamo, non dimentichiamo, non ci riconciliamo. È stato femminicidio. In Italia, dove si è verificato un simile scempio riguardo alla povera Pamela, la notizia ha incredibilmente trovato pochissima risonanza. Tuttavia, avrebbe potuto colpire qualunque delle nostre ragazze. Anzi, forse lo è già stata.



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