In un mondo in rapida evoluzione, dove la flessibilità e la mobilità sono sempre più valorizzate, non sorprende che il fenomeno dell’abitare in campeggio abbia preso piede. Secondo un recente studio condotto dalla fondazione francese Abbé Pierre, si stima che circa 100mila francesi abbiano scelto di vivere permanentemente in campeggi. Questa tendenza non è limitata solo alla Francia ma si sta estendendo in diversi paesi, inclusa l’Italia, dove si stima che 50mila persone vivano in modalità nomade, tra camper e bungalow.
La scelta di vivere in campeggio spesso deriva da una combinazione di fattori economici e personali. Molti sono spinti da difficoltà economiche come l’aumento del costo della vita e le esigenze sempre più stringenti imposte dai proprietari di immobili. Altri, invece, sono attratti dalla possibilità di smart working, che permette una maggiore libertà geografica, o desiderano godersi la pensione in un ambiente più rilassato e vicino alla natura.
Gli studi etno-antropologici come quello condotto dal sociologo Gaspard Lion, che ha esaminato la vita nei campeggi attorno a Parigi, rivelano che molti residenti sono individui con redditi modesti, spesso alle prese con situazioni lavorative precarie. Tuttavia, vi sono anche storie di scelta consapevole e passionale verso una vita meno convenzionale e più libera, come quella di Jean Paul e sua moglie, che apprezzano la mancanza di vicini rumorosi e la vicinanza alla natura.
Nonostante i benefici, la vita in campeggio non è esente da sfide. La percezione sociale può essere dura, con molti che vedono i campeggiatori stanziali come marginali o nomadi involontari. Questo stigma può influenzare negativamente le interazioni sociali e persino le transazioni commerciali, come nel caso di Jean-Paul, che ha riscontrato difficoltà nella vendita di mobili online a causa del pregiudizio legato al suo indirizzo in un campeggio.
Secondo Manuel Domergue della Fondazione Abbé Pierre, la situazione abitativa in Francia sta diventando sempre più critica, con un numero crescente di persone senza una casa adeguata. La tendenza all’abitare in campeggio, quindi, potrebbe non solo essere una scelta di stile di vita ma anche una necessità imposta dalle circostanze economiche e sociali.
In sintesi, vivere in campeggio sta emergendo come una soluzione abitativa valida per molti, offrendo libertà e un ritorno alla natura, ma presenta anche sfide significative, soprattutto in termini di percezione sociale e stabilità economica. Questa tendenza merita un’attenzione maggiore, sia per comprendere meglio le sue dinamiche sia per considerare politiche abitative più inclusive che rispondano alle esigenze di tutti i cittadini.
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