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La biodiversità è maggiormente minacciata in assenza di pace



In questi giorni, alla COP16, la Conferenza delle Nazioni Unite dedicata alla biodiversità che si svolge in Colombia, la questione della perdita di biodiversità sta emergendo come uno degli argomenti più cruciali. Isabella Pratesi, direttrice Conservazione del WWF Italia, ha sottolineato che i paesi più a rischio di perdita di biodiversità sono quelli caratterizzati da una pace fragile. Questa affermazione evidenzia un collegamento profondo tra conflitti armati e degrado ambientale, all’interno di un contesto geopolitico che vede un incremento senza precedenti di conflitti globali, secondo il Global Peace Index.



Nella cornice di COP16, rappresentanti di 196 paesi stanno cercando di negoziare accordi per preservare la biodiversità della Terra. Nonostante le pressioni geopolitiche, l’urgente necessità di proteggere l’ambiente rimane alta. Lo slogan scelto, “Pace con la natura”, invita a riconsiderare il nostro rapporto con il mondo naturale e introduce un nuovo paradigma basato sull’etica della cura. In questo quadro, il WWF invita a trarre ispirazione dalle esperienze delle comunità indigene e dei movimenti di donne in Colombia, per costruire un’alleanza che possa affrontare tanto le crisi ecologiche quanto quelle sociali.

La Relazione Tra Conflitti e Distruzione Ambientale

La difficoltà di correlare guerre e perdita di biodiversità è un tema complesso. Recenti studi hanno dimostrato che i paesi maggiormente minacciati da conflitti armati presentano concomitanti crisi ecologiche. Sette delle venti nazioni con le più gravi minacce ecologiche si trovano tra i quaranta paesi più fragili del mondo. Pertanto, è cruciale che i politici riconoscano questa interconnessione. Come indicato dal WWF, le politiche ambientali devono essere integrate con il rispetto per i diritti umani, coinvolgendo scelte condivise dalle comunità indigene, da donne e giovani, affinché si possano affrontare cambiamenti climatici e raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Il ripristino dell’armonia con la natura non è solo una questione ecologica, ma anche una strada verso una maggiore uguaglianza e sicurezza. L’attuazione del Kunming-Montreal Global Framework, che mira al ripristino degli ecosistemi naturali entro il 2050, rappresenta un’opportunità cruciale per avviare azioni concrete di conservazione.

Tuttavia, nonostante il lancio di questo quadro globale, il WWF ha espresso preoccupazioni riguardo al divario esistente tra gli impegni assunti dai paesi e le azioni concrete intraprese. Da ottobre 2023, solo 34 paesi e l’Unione Europea hanno presentato le revisioni delle loro strategie nazionali per la biodiversità. Inoltre, molti non hanno ancora sviluppato una strategia adeguata, rendendo particolarmente sfidante il compito della COP16.

Sfide Finanziarie e Innovazioni Necessarie

Uno degli aspetti critici di questo incontro internazionale è rappresentato dalle difficoltà economiche. Alla COP15, è stata promessa la mobilitazione di 200 miliardi di dollari all’anno per sostenere i programmi di biodiversità. Tuttavia, attualmente gli impegni finanziari internazionali risultano insufficienti, arrivando a soli 8,2 miliardi di dollari all’anno.

Le comunità indigene, che hanno un legame diretto e profondo con la biodiversità, lamentano la scarsità di finanziamenti diretti, oltre che l’assenza di un quadro chiaro di come i fondi promessi vengano distribuiti. Durante la COP16, si discute su come risolvere queste problematiche finanziarie, inclusa la possibilità di istituire nuovi fondi per finanziare le strategie necessarie. Sarà quindi fondamentale che i paesi donatori mantengano la promessa di 20 miliardi di dollari all’anno per i paesi in via di sviluppo a partire dal 2025.

L’Impegno dell’Italia per la Biodiversità

A livello nazionale, l’Italia ha presentato la sua Strategia Nazionale per la Biodiversità per il 2030, un documento che, sebbene contenga obiettivi ambiziosi, presenta punti deboli nella pianificazione delle risorse necessarie per la sua attuazione. Il WWF ha suggerito che, per raggiungere gli obiettivi prefissati, è essenziale sviluppare un piano di attuazione dettagliato e finanziato, in collaborazione con le organizzazioni non governative attive nel campo ambientale. La sfida, dunque, è grande e richiede non solo impegni formali, ma anche azioni concrete e immediate.

In conclusione, i prossimi cinque anni rappresentano un’opportunità cruciale per invertire la tendenza negativa della biodiversità mondiale. La COP16 deve segnare l’inizio di un impegno rinnovato e significativo dei governi a trovare un equilibrio tra sviluppo e conservazione, affinché si possa costruire un futuro dove pace e biodiversità siano accolte come la base per un mondo sostenibile.



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