Cristina Cattaneo, l’anatomopatologa che ha seguito da vicino il drammatico caso di Yara Gambirasio, ha descritto il commovente momento del ritrovamento del corpo della 13enne in un’intervista rilasciata per la docuserie Netflix “Il Caso Yara: Oltre Ogni Ragionevole Dubbio”. “La pubblica accusa mi disse: ‘Faccia quanto necessario, senza limiti’”, ha dichiarato, sottolineando la libertà ricevuta per affrontare un compito così gravoso.
Il racconto inizia con la difficoltà di accedere al luogo dove è stato scoperto il corpo. “Era impossibile muoversi, così tanta era la folla di curiosi. Era un imprevisto inedito per l’area”, ricorda la dottoressa.
Yara Gambirasio, originaria di Brembate, era scomparsa il 26 novembre 2010 e fu trovata priva di vita il 26 febbraio 2011 in un campo di Chignolo d’Isola, in provincia di Bergamo. La tragica scoperta avvenne per mano di un uomo di 40 anni, appassionato di aeromodellismo, che, mentre provava il suo aeroplanino, inciampò in questa dolorosa verità.
Nel 2018, Massimo Bossetti, un muratore di Mapello, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio della ragazza, una pena che sta scontando nel carcere di Bollate.
L’atmosfera sul luogo del ritrovamento del corpo di Yara
“Ricordo che c’era un’atmosfera molto serena, quasi sacra. Si percepiva un rispetto enorme intorno a quello che dovevamo fare”, prosegue la dottoressa Cattaneo, enfatizzando la solennità del momento. “Ci siamo subito dedicati all’analisi del corpo e all’esame del contesto circostante, che risultava particolarmente significativo in questo caso”.
Nei primi momenti dopo il ritrovamento, i dettagli erano sfocati. “Non si capiva con chiarezza la causa del decesso né il momento preciso in cui era avvenuto. Col tempo e con un’analisi approfondita, le informazioni sono venute a galla”, ha detto l’anatomopatologa.
“Ci siamo quindi trasferiti all’istituto di medicina legale per l’autopsia, che è un atto molto privato, ma pur sempre scientifico, un legame forte con la vittima. Per la prima volta ho ricevuto l’autorizzazione da un pm a fare tutto ciò che ritenevo necessario”, aggiungendo l’intensità della sua esperienza.
I dettagli inquietanti dell’autopsia di Yara e le prove raccolte
Durante l’autopsia, Cattaneo ha notato più esperti del solito nel laboratorio. “Si sono presentati molti specialisti interessati a raccogliere prove residue e a studiare l’ambiente per comprendere meglio le dinamiche dell’evento.” Un aspetto inquietante emerso dall’autopsia è stato che Yara stringeva in mano erba di quel campo, che ha suggerito la sua morte avvenuta proprio in quel luogo.
Sul suo corpo non sono stati riscontrati segni di violenza sessuale, ma Cattaneo ha sottolineato che non si può escludere l’esistenza di contatti antecedenti. Diverse campionature sono state prelevate da ogni parte del corpo. “Un microscopista mi ha chiesto perché ci fosse della calce. Questo elemento significava che il corpo era stato esposto alla calce e al cemento, due materiali tipici dell’edilizia”, ha continuato l’anatomopatologa.
Yara presentava alcune ferite da taglio, ma queste non erano la causa del decesso. “La causa della morte è stata, in realtà, tutto ciò che ha portato all’abbandono e alle complicazioni del freddo. È stato un crudele destino: poteva essere salvata? Poteva essere trovata in tempo?” ha riflettuto Cattaneo durante l’intervista, domande che richiamano l’attenzione sulle tragiche circostanze legate alla sua morte
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