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Il caso Sinner preoccupa Battaglino: “Rischia la squalifica come me”



L’ex tennista Stefano Battaglino, squalificato per quattro anni per positività al Clostebol, esprime preoccupazione per il caso di Jannik Sinner, sottolineando le similitudini e le differenze tra le loro situazioni. Il mondo del tennis italiano è in fermento per il caso che coinvolge Jannik Sinner, attuale numero uno del ranking nazionale. A gettare benzina sul fuoco è intervenuto Stefano Battaglino, ex tennista 26enne che ha vissuto sulla propria pelle una vicenda simile a quella del giovane campione altoatesino.



Il precedente di Battaglino e i timori per Sinner

Battaglino, ex numero 760 del mondo, è stato recentemente squalificato per quattro anni dall’ITIA (International Tennis Integrity Agency) per essere risultato positivo al Clostebol, la stessa sostanza al centro del caso Sinner. In un’intervista rilasciata a La Stampa, Battaglino ha espresso i suoi timori riguardo al possibile esito della vicenda che coinvolge il suo più celebre collega. “Visto come hanno trattato me, purtroppo Jannik rischia,” ha dichiarato Battaglino. “Spero solo i sei mesi della pena lieve, e non l’anno di quella media o i due anni della pena grave. Anche se non si merita questo.” Il tennista piemontese, pur augurandosi l’assoluzione di Sinner, non nasconde il suo scetticismo: “Se lo assolvono, hanno sbagliato con me. Spero con tutto il cuore che lo assolvano. Almeno capire il metro di giudizio. Se hanno dato il massimo della pena a me, non possono dare una settimana a lui.”

Le differenze cruciali tra i due casi

Nonostante le apparenti similitudini, i casi di Battaglino e Sinner presentano differenze sostanziali. Mentre Sinner è stato scagionato dal tribunale indipendente dell’ITIA per “assenza di colpa o negligenza”, ed è ora oggetto di un ricorso della WADA (World Anti-Doping Agency) al TAS (Tribunale Arbitrale dello Sport), Battaglino non è riuscito a dimostrare in modo esaustivo l’involontarietà della contaminazione. Il caso di Sinner sarà valutato dal TAS sulla base di due possibili scenari: l'”assenza di colpa o negligenza”, che escluderebbe qualsiasi squalifica, o l'”assenza di colpa o negligenza significativa”, che potrebbe comportare una squalifica modulata in base al grado di responsabilità dell’atleta. Battaglino, d’altro canto, ha pagato la mancanza di una ricostruzione completa dei fatti. La testimonianza del fisioterapista coinvolto, cruciale per la sua difesa, è arrivata troppo tardi per essere considerata. “La differenza è che Jannik ha uno staff suo, e per reperire il fisio gli è bastato alzare il telefono,” spiega Battaglino. “Nel mio caso, lavorava per il torneo e per mesi non è stato possibile trovarlo. Ha risposto a due giorni dalla fine del secondo processo. Tardi.”

L’importanza della tempestività e delle risorse nella difesa

Il caso Sinner-Battaglino mette in luce l’importanza cruciale della tempestività e delle risorse a disposizione degli atleti nei casi di doping. Mentre Sinner può contare su un team di professionisti dedicato, capace di raccogliere prove e testimonianze in tempi rapidi, Battaglino si è trovato in una posizione di svantaggio, non riuscendo a reperire in tempo utile le informazioni necessarie per la sua difesa. Questa disparità solleva questioni importanti sull’equità del sistema antidoping nel tennis e nello sport in generale. La capacità di un atleta di difendersi efficacemente non dovrebbe dipendere esclusivamente dalle sue risorse economiche o dalla sua notorietà. In attesa della decisione del TAS sul caso Sinner, il mondo del tennis italiano resta col fiato sospeso. L’esito di questa vicenda potrebbe non solo influenzare la carriera del giovane campione, ma anche stabilire un precedente significativo per futuri casi simili nel mondo dello sport professionistico.



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