Un video esclusivo trasmesso da Quarto Grado mostra l’interrogatorio di Filippo Turetta, avvenuto il 1° dicembre nel carcere di Montorio a Verona, dopo l’omicidio della giovane Giulia Cecchettin: “Non avrei mai pensato di farle questo”.
I dettagli inquietanti dell’omicidio
“Ho spento il suo cellulare, non riuscivo a trovarlo: ho provato a scuoterla… a urlarle, ma non rispondeva.” Queste sono alcune delle parole di Turetta nel video, in cui il 22enne descrive gli eventi che hanno portato alla morte di Giulia. L’omicidio è avvenuto tra l’11 e il 12 novembre, e il processo inizierà lunedì 23 settembre in Corte d’Assise a Venezia.
“Stavamo tornando a casa sua. Ci siamo fermati in un parcheggio. Volevo darle un peluche in regalo, ma lei si è rifiutata. Mi ha detto che dovevo smetterla di dedicarle troppe attenzioni,” ha raccontato Turetta, con lo sguardo fisso a terra e prendendo pause tra le risposte. “Ero molto arrabbiato, ho preso il coltello che avevo sulla tasca posteriore del sedile e sono uscito di corsa. L’ho afferrata per un braccio e l’ho minacciata; poi le ho dato una coltellata sul braccio.”
La ricostruzione del dramma
L’indagato ha proseguito il suo racconto: “Mentre andavamo da Vigonovo a Fossò, Giulia si è alzata e ha cominciato a urlare. Io ho rallentato, quasi a fermarmi in mezzo alla strada. ‘Cosa stai facendo? Sei pazzo, lasciami andare’, mi diceva mentre si toccava la testa… Ho provato a mettere un pezzo di scotch in bocca.”
Giulia ha tentato di scappare: “La tenevo ferma con un braccio, poggiandomi su di lei. Ha iniziato a dimenarsi… È uscita dalla macchina e ha cominciato a correre, mentre io la inseguivo. Lei urlava ‘aiuto’.”
Alla domanda se Giulia cercasse di proteggersi, Turetta ha risposto: “Si copriva dove la colpivo, sul collo e sul viso. Potrei anche averla colpita sulla nuca. L’ultima coltellata che le ho dato era vicino all’occhio. Ho smesso subito perché mi sono accorto del colpo e la cosa mi faceva impressione. Pensavo non ci fosse più…”
Un disperato tentativo di suicidio
Dopo essersi reso conto della gravità della situazione, Turetta ha affermato: “Ho gettato il coltello e il suo telefono. A distanza da Fossò, ho notato di avere sangue addosso. Mi ero reso conto di quello che avevo fatto e volevo allontanarmi il più possibile.”
In un momento di grande angoscia, Turetta ha tentato di suicidarsi: “Ho provato a soffocarmi con un sacchetto – ha raccontato – Ho anche legato il sacchetto con dello scotch, ma alla fine non ci sono riuscito. Non sono molto coraggioso. Anche nei giorni successivi ho provato, ma rimandavo sempre.”
In un gesto di incomprensibile molta disperazione, ha rivelato di aver nascosto il corpo di Giulia: “L’ho messa in una zona della macchina dove non volevo che venisse rovinata. Volevo che fosse nelle migliori condizioni.”
Questo tragico evento ha scosso la comunità e ha sollevato interrogativi sulle dinamiche della violenza di genere e sulle relazioni tossiche. Il processo che seguirà rappresenta non solo un momento cruciale per le famiglie coinvolte, ma anche un’opportunità per riflettere e affrontare le problematiche legate alla violenza e all’aggressione, affinché situazioni simili non si ripetano in futuro. Le parole di Filippo Turetta, in questo contesto, edulcorate dalla sua apparente consapevolezza, invitano a una riflessione più ampia su queste complesse e delicate questioni.
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