Scoperta archeologica risolve l’enigma del trasporto dei materiali per le piramidi egizie: una rivelazione cruciale sull’utilizzo di un antico fiume ormai scomparso
Grazie a indagini satellitari e studi sul campo, gli archeologi hanno finalmente scoperto come gli antichi egizi riuscirono a trasportare i pesantissimi materiali per costruire le piramidi, site in un’estesa striscia desertica tra Giza e Lisht.
Nel 2017, un importante documento ha fatto luce su uno dei più grandi misteri dell’antico Egitto: la costruzione delle maestose piramidi. Un papiro, scoperto nel porto di Wadi Al-Jarf, ha rivelato che i massicci blocchi di pietra calcarea e granito utilizzati per edificare la Grande Piramide di Giza furono trasportati via fiume, grazie a zattere di legno legate con corde. Questa scoperta ha evidenziato come gli antichi egizi sfruttassero la rete fluviale per evitare di trascinare i materiali sulla sabbia del deserto.
Nonostante questa significativa scoperta, rimaneva un mistero affascinante per gli esperti. La cosiddetta “striscia delle piramidi”, con decine di costruzioni che collegano Giza e Lisht, è situata in una zona arida del deserto occidentale, parte del Sahara. In questa regione, oggi non ci sono fiumi che possano essere utilizzati per il trasporto dei blocchi di pietra. Come fecero dunque gli antichi egizi a spostare i materiali in un’area senza corsi d’acqua vicini? Questo enigma è particolarmente rilevante considerando la presenza di monumenti come le piramidi di Giza, Chefren e Micerino.
Gli esperti sospettavano che migliaia di anni fa, quando le piramidi furono costruite (tra 4.700 e 3.700 anni fa), ci fosse un fiume ora scomparso sotto la sabbia del deserto. E questa ipotesi è stata confermata da una recente scoperta. Gli studiosi hanno trovato i resti di un lungo corso d’acqua di ben 64 chilometri, un antico ramo del Nilo che passava vicino alle principali piramidi. La scoperta è stata fatta da un team di ricerca internazionale, guidato dall’Università della Carolina del Nord – Wilmington, con la collaborazione di istituti come l’Università di Tanta, l’Istituto Nazionale di Ricerca di Astronomia e Geofisica del Cairo e l’Università Macquarie.
I ricercatori, coordinati dal professor Eman Ghoneim, hanno utilizzato immagini satellitari radar per identificare le tracce di questo antico fiume sotto la sabbia del deserto. Successivamente, hanno condotto indagini geofisiche e carotaggi sul campo, trovando prove inequivocabili dell’esistenza di un vasto corso d’acqua, lungo quanto il Nilo attuale, che è stato chiamato “ramo di Ahramat” (che in arabo significa “piramidi”). Questo fiume scorreva lungo il bordo dell’altopiano del deserto occidentale, proprio in prossimità delle oltre 30 piramidi costruite migliaia di anni fa. Secondo gli esperti, il ramo di Ahramat si estinse circa 4.200 anni fa a causa di una grave siccità.
“Molte delle piramidi, risalenti all’Antico e al Medio Regno, hanno strade rialzate che conducevano al fiume e terminavano con la Valle dei Templi, che potevano fungere da porti fluviali. Suggeriamo che il ramo di Ahramat abbia avuto un ruolo cruciale nella costruzione dei monumenti, fungendo da via d’acqua per il trasporto di operai e materiali da costruzione verso i siti delle piramidi,” hanno scritto Ghoneim e colleghi nel loro studio. Questa scoperta risolve uno degli enigmi più intriganti dell’archeologia.
I dettagli della ricerca, intitolata “The Egyptian pyramid chain was built along the now abandoned Ahramat Nile Branch”, sono stati pubblicati su Communications Earth & Environment. Questa scoperta non solo chiarisce come gli antichi egizi abbiano trasportato i materiali pesanti, ma getta anche nuova luce sull’ingegnosità e le capacità logistiche di questa antica civiltà, dimostrando che avevano una conoscenza avanzata dell’ambiente e delle risorse naturali disponibili.
Questa ricerca rappresenta un importante passo avanti nella comprensione della storia egiziana e del modo in cui furono costruiti alcuni dei monumenti più iconici del mondo antico. Le piramidi, simboli di potere e maestosità, continuano a stupire e affascinare studiosi e appassionati di tutto il mondo, e ogni nuova scoperta ci avvicina sempre di più alla comprensione completa di questi straordinari capolavori dell’ingegneria antica.
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