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Fallou morto a 16 anni, l’amico: «Sono vivo grazie a lui, era come un fratello per me».



Il giovane fermato per l’omicidio di Fallou è in carcere, il 17enne ferito racconta la drammatica rissa che ha cambiato le loro vite per sempre.



La testimonianza del 17enne bengalese

«Vivo la mia vita per merito di lui e questo pensiero mi accompagnerà sempre». Sono queste le parole strazianti pronunciate dal 17enne bengalese coinvolto nella terribile rissa, in cui ha perso la vita il suo amico Fallou Serin Sall, un ragazzo di 16 anni. Questo atto di sacrificio e amicizia ha segnato profondamente la vita di tutti quelli che conoscevano Fallou. Il giovane, di origine senegalese con madre italiana, si è messo davanti all’aggressore coetaneo per difendere il suo amico. Il giudice per le indagini preliminari (gip) ha convalidato il fermo del presunto assassino, disponendo la sua custodia cautelare in un istituto penale minorile. Il ragazzo è accusato di omicidio e di tentato omicidio nei confronti del bengalese.

«Non mi do pace – continua a raccontare il 17enne tra le lacrime – ogni volta che chiudo gli occhi rivivo quegli attimi terribili, come un incubo che non riesco a lasciare andare. Non riesco a smettere di piangere e non riesco a capire come tutto questo possa essere successo».

L’AGGRESSIONE

Il viso del ragazzo è segnato dalle lacrime, con gli occhi arrossati e gonfi. I suoi pensieri tornano a quella serata, che doveva essere una normale riunione tra amici, ma che si è trasformata in una tragedia. «Quell’altro ragazzo, non riesco nemmeno a dirne il nome, si è sempre comportato da bullo. Non provavamo simpatie reciproche, il suo atteggiamento mi infastidiva, come del resto quello di tutti noi nel gruppo. Mercoledì sera, il modo in cui si è comportato era inaccettabile».

L’amico di Fallou, che ha riportato due ferite da coltello e una prognosi di dieci giorni, ha avvisato l’aggressore: «Lascia in pace i più piccoli e prenditela con me, se devi». Queste parole si riferiscono a episodi avvenuti nei giorni precedenti, in cui il killer aveva scritto su Instagram commenti denigratori nei confronti di un amico di Fallou, etichettandolo come «troppo secco», un chiaro scherno per il suo aspetto fisico. Questo scambio di insulti ha alimentato la tensione fino alla rissa di mercoledì.

«Ero con alcuni amici, tra cui Fallou, la mia ragazza e il nostro cane. Quando l’ho visto avvicinarsi, in tono sarcastico gli ho detto che non lo vedevamo da un bel po’ – racconta il ragazzo, visibilmente provato – Mi ha guardato senza dire nulla e poi mi ha colpito con un pugno in faccia». A questo punto, la situazione è rapidamente degenerata. «Ci siamo azzuffati e lui ha provato a scappare, rubandomi il telefono». È proprio in questo momento che interviene Fallou, che si fionda a rincorrere l’aggressore per aiutare il suo amico e recuperare ciò che era stato sottratto.

«Ci ho messo alcuni secondi a capire cosa stesse accadendo: ho visto il ragazzo che mi aveva colpito fuggire, e Fallou al suo inseguimento. Voleva proteggermi, e non ci ha pensato due volte. Ho iniziato a correre anch’io – dal parco dell’ex Velodromo fino a via Piave. Ma quando sono arrivato, la situazione era già tragica. Ho scoperto di essere stato accoltellato al collo, ma in quel momento non ho avvertito dolore, solo angoscia nel vedere Fallou a terra, coperto di sangue, in una grande pozza. Era come un fratello per me. Ha sacrificato la sua vita per difendere la mia, e chi ci ha tolto il nostro amico dovrà affrontare le conseguenze delle sue azioni».

L’INTERROGATORIO

Il 16enne accusato dell’omicidio di Fallou ha risposto ieri alle domande del gip, Anna Filocamo, ammettendo di essere responsabile della violenza. La situazione si fa complessa quando si considera la frase contenuta nella biografia del suo profilo Instagram, in cui si legge: «Aiutatemi a crescere». Questa frase può rivelare non solo una richiesta di aiuto ma anche il disagioti che affronta durante la sua adolescenza.

Il suo avvocato, Simone Ferraioli, descrive il giovane come «sconvolto e confuso», negando la possibilità di rivelare i dettagli della sua versione degli eventi per il momento. «Ha ammesso di avere avuto un ruolo nella vicenda e ha indicato dove si trovava il coltello. I genitori gli sono molto vicini, ma non è ancora riuscito a incontrarli. Potrebbe farlo già oggi», ha spiegato. La sua famiglia era originariamente di Rimini, ma si è trasferita a Bologna per motivi lavorativi del padre.

Questa inquietante vicenda continua a scuotere l’opinione pubblica, sollevando interrogativi sulla violenza giovanile e il supporto che i giovani spesso necessitano in momenti di crisi. La comunità di Bologna si unisce nel dolore e nella riflessione, sperando di trovare risposte e di garantire che simili tragedie non si ripetano mai più.



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