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Concessa semilibertà a Salvatore Raimondi. La mamma dd Tommy Onofri: “Ergastolo è il mio”



Al rapitore del piccolo ucciso nel 2016 è stata concessa la semilibertà. Salvatore Raimondi, che si è sposato in carcere, attualmente è occupato come magazziniere a Forlì. La madre di Tommy ha dichiarato: “Lui è stato il primo, poi arriverà il momento per Alessi e Conserva. Questa non è giustizia.”



Tommaso Onofri esprime il suo commento su Facebook.

L’unico vero ergastolo è il mio: a mio figlio è stata negata la possibilità di vivere, mentre Salvatore Raimondi ora ha l’opportunità di ricostruire la propria vita. Queste sono parole cariche di rabbia e dolore da parte di Paola Pellinghelli, madre di Tommaso Onofri, il bambino di 18 mesi rapito e ucciso a Casalbaroncolo la sera del 2 marzo 2006, in risposta alla notizia riportata ieri da La Gazzetta di Parma. Il rapitore del figlio, attualmente quarantaduenne, ha ottenuto la semilibertà e potrà quindi lasciare il carcere di Forlì, dove è attualmente detenuto dopo una condanna inizialmente a 20 anni, poi ridotta a 16 per buona condotta.

Non possiamo parlare di giustizia, ma ero preparata a questa notizia. Me lo avevano anticipato, che sarebbero stati rilasciati: Raimondi è il primo, ma arriverà anche il momento per Alessi e Conserva, che già hanno ottenuto dei permessi, afferma la donna al Corriere della Sera.

Attualmente, Raimondi è in carcere con l’accusa di estorsione ai danni di un altro detenuto a causa di problemi legati al gioco d’azzardo. Nel mese di ottobre 2022 ha infatti concluso di scontare la pena relativa al caso di Tommy. Durante gli anni di detenzione, ha intrapreso un percorso di rieducazione e nel 2016 si è unito in matrimonio con una detenuta.

La procedura per la semilibertà è stata gestita dall’avvocato Marco Gramiacci. “È un detenuto modello,” spiega, “e ha meritato la semilibertà. La richiesta è stata presentata dopo aver scontato i sedici anni per il sequestro di Tommaso Onofri.”

Attualmente svolge lavoro come magazziniere in una ditta di Forlì. “Si sente bene e sta portando avanti un periodo di prova di sei mesi,” aggiunge il legale; “desidera mantenere il proprio lavoro anche dopo l’uscita dal carcere e per questo si sta impegnando notevolmente. Lavorare, anche dal punto di vista psicologico, lo aiuta considerevolmente.”



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