Controcopertina

Caterina Murino afferma di possedere due gatti e di distribuire 3000 chili di cibo ai gatti randagi. I suoi amici sostengono che questa attività la renda un po’ fuori dal comune



Strada provinciale, Sardegna centrale, un furgone procede con difficoltà in salita. Alla guida si trova un avvocato francese di 46 anni, specializzato in diritto commerciale, che si interroga, con ogni probabilità, sulle motivazioni che lo hanno spinto a trovarsi lì anziché sulla spiaggia di Stintino a sorseggiare un Daiquiri con la propria compagna. Accanto a lui, vestita in t-shirt e pantaloncini come una qualsiasi ragazza, si trova la risposta: la compagna.



Ella è il grande amore della sua vita; sono insieme da otto anni e, per quella sorta di autolesionismo caratteristico delle grandi passioni, l’ha convinto a partire nel pieno luglio, a lasciare la casa comune a Parigi e a caricarsi nel furgone di un amico circa tremila chili di croccantini, cibo umido per cani e lettiere per gatti. Lui, il protagonista della storia, è Edouard Rigard. Lei, la passione incarnata, è l’attrice Caterina Murino. Un anno fa madrina della Mostra del Cinema di Venezia, indossando un abito Armani e piedi nudi al lido dell’Excelsior, oggi è madre putativa di due gatti e gestisce un esercito di 4500 animali randagi, che lei stessa chiama «pelosi», visitati e nutriti in sette giorni per scopi benefici. Colonnie, gattili, canili. «E si figuri che a me gli animali nemmeno piacevano», dichiarava ieri Murino, di ritorno da un tour, ancora in aeroporto. «Tutta colpa di un’estate di quattro anni fa».

Qual è il significato della sua affermazione riguardo agli animali?

«I gatti in particolare, non volevo nemmeno che mi sfiorassero. Sappia che da noi in Sardegna (Murino è nata a Cagliari nel 1977, ndr) sono considerati “animali di serie B”. Si crede che portino malattie e che possano cavarsela da soli. Tuttavia, il mio fidanzato non la pensava allo stesso modo. Una volta mi disse che non avrebbe potuto vivere senza un gatto».

E lei ha cambiato idea?

«Nemmeno per sogno. Non li volevo. Poi, un’estate di quattro anni fa, mi trovavo a casa dei miei suoceri. Avevano appena adottato un gatto, un siamese con occhi blu di nome Benito. Apparentemente piccolo e innocuo, ma mi sbagliavo. Benito si arrampica sulle mie gambe, si addormenta e io lo accarezzo. Folgorata: da quell’estate inizia un’escalation».

Procediamo con ordine.

«Tre mesi dopo Benito, mi sono ritrovata su Facebook a cercare un gatto nei gruppi per animali abbandonati. L’ho trovato alla periferia di Cagliari e l’ho presa: l’ho chiamata Ilithyia, come una dea greca».

Successivamente?

«Ilithyia ha avuto dei gattini. Mi rendo conto che è un errore. Ne ho dato via due e ne ho tenuto uno. Tuttavia, avevo programmato un viaggio, quindi ho dovuto chiedere a un’amica di occuparsi di lui mentre ero via. Ma come puoi non vedere crescere i gattini? Così ho installato delle telecamere in casa per poterli monitorare».

A quel punto, nessuno l’ha definita una “gattara”?

«I miei amici dicono che sono pazza, ma lo accetto. In questo modo mi sento più ricca».

In che senso “ricca”?

«Ho scoperto la mia parte animale. Ho trovato pazienza, calma e amore per gli altri. È un’esperienza terapeutica».

Qual è il parere del suo fidanzato?

«Se avesse saputo che sarebbe finita così, non mi avrebbe neppure fatto vedere Benito».

Tuttavia, l’ha convinto a unirsi a lei tra i rifugi in Sardegna.
«Sì, gli avevo promesso che avremmo visitato anche siti archeologici e spiagge sarde».

È andata in questo modo?

«Abbiamo percorso 2000 chilometri, effettuando un solo bagno».

Come era suddiviso il lavoro tra voi?

«Lui guidava, io contattavo i rifugi. Insieme caricavamo il cibo dal deposito nel sud della Sardegna, visitavamo due o tre rifugi al giorno. A Natale organizzeremo una mostra fotografica e poi un documentario su questa avventura».

Qual è stato l’incontro più significativo di questa settimana?

«La storia di Miccia Divina, una gattina salvata per miracolo. Una signora l’ha trovata con il collo ferito da un cappio. Era in fin di vita, con trachea e giugulare scoperte. Lei ha inventato un bustino ortopedico per gatti pur di salvarla».

Quando si è sentita più utile?

«Una volta abbiamo trasportato in furgone fino a Olbia un gatto affetto da una malattia della pelle. Sa, la rogna».

Mi scusi, ma un anno fa, durante l’estate, era alla Mostra di Venezia; oggi…
«Le ricordo che io alla Mostra sono andata a visitare il gattile di Malamocco».

Ma cosa la spinge a compiere tali azioni?

«Sa che ciò che abbiamo distribuito a 35 canili e gattili in questa settimana basta loro per appena un giorno? In Sardegna esiste un problema serio e non è giusto che gli animali vivano in tali condizioni. La governatrice ha promesso di intervenire: speriamo».

Qual è stata la reazione della gente che vedeva un’attrice arrivare nelle colonie?
«Inizialmente erano sorpresi, ma non perché fossi un’attrice. Piuttosto, mi dicevano che non erano abituati a ricevere doni dalle persone».

Ha mai avuto la tentazione di adottare un animale da uno di quei rifugi?
«In realtà, è accaduto. Abbiamo creato una star prendendo una gatta dal gattile di Olbia».

Può spiegare?
«A dicembre uscirà il film di Prime Video “Natale senza Babbo Natale”, e io interpreterò la Befana. Tuttavia, quando ho letto il copione, mi sono accorta che mancava un gattino nero. Ho chiesto al regista, Stefano Cipani, di adottarne uno: avevo saputo che a Olbia avevano trovato dei gattini in una busta di plastica… così sono partita. Ho scelto la gattina più piccola e strana, con volto triangolare, nera con occhi blu».

Come ha convinto la produzione?
«Ho promesso al regista che avrei girato tutto il film con il gatto sulle spalle. Crede che sia vera? Appena l’ho presa, è saltata su di me. Si chiama Mezzanotte: l’ha adottata Cipani».

Mi scusi, ma mentre eravate in Sardegna dove si trovava la vostra gatta?
«Era a Parigi. Tra poche ore sarò da lei e spero non si accorga di nulla. È molto gelosa, la mia bambina. Sa qual è l’unico gatto di cui non è mai stata gelosa? Zio Benito».



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