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Alessia scopre di essere incinta a 22 anni e sceglie di interrompere la gravidanza: “I medici mi hanno trattata come un mostro”



Alessia e la sua lotta interiore: la difficile decisione di affrontare l’aborto e le cicatrici emotive che rimangono.



Alessia ha appena compiuto 22 anni quando una notizia sconvolgente le ha stravolto la vita: è incinta di un bambino. Con una relazione instabile e un futuro pieno d’incertezze, ha preso la difficile decisione di abortire. Ma il percorso per raggiungere quella scelta è stato colmo di ostacoli e dolori. Alessia, oggi, con grande coraggio, condivide la sua storia per offrire supporto e far capire ad altre donne che non sono sole.

La nostra redazione è sempre aperta a testimonianze e esperienze riguardanti la maternità e la genitorialità. Se hai vissuto situazioni simili a quella di Alessia, ti invitiamo a contattarci.

Alessia ha deciso di scrivere a Fanpage.it per rievocare le emozioni di quel momento drammatico della sua vita. Con parole sincere e toccanti, descrive perché per molte donne la scoperta di essere in attesa non rappresenta necessariamente una felicità. Per lei, quell’annuncio ha segnato l’inizio di un vero e proprio incubo. A fianco di un compagno che non amava e con un lavoro precario a rischio, l’idea di dare vita a un piccolo esseri in quel contesto la spaventava profondamente. Inoltre, un passato segnato dalla separazione dei genitori l’ha spinta a non voler perpetuare un ciclo di sofferenza per il suo futuro bambino.

«Piccola, sola e terrorizzata», ha preso la decisione di abortire, affrontando le dure conseguenze che ne sono derivate. Durante la prima ecografia, un medico le ha fatto ascoltare il battito del suo bambino, trattandola come se stesse per compiere un omicidio, e lasciandole in mano venti fotografie della ecografia, sperando di farla desistere dalla sua scelta. Le ferite emotive di quel giorno l’hanno segnata profondamente, portandola a un aborto spontaneo e lasciandola con un senso di smarrimento che cerca ancora di guarire.

“Vivo ancora un trauma così intenso che, pur immaginandomi madre nel futuro, non riesco nemmeno a pensare di affrontare la maternità. È difficile parlare di ciò che ho vissuto, ma sento l’obbligo di farlo, affinché nessun’altra donna debba affrontare un’esperienza simile alla mia”, confida Alessia.

Come ha scoperto Alessia di essere incinta? La notizia l’ha colta di sorpresa nel 2012. Sin dall’inizio, è diventata chiara la consapevolezza che il partner non sarebbe mai stato in grado di rivestire il ruolo di padre, nonostante le sue promesse. Alessia ha preso coscienza di dover affrontare una scelta terribile: portare avanti una gravidanza a 22 anni, con un lavoro precario e senza il supporto necessario. I pensieri su come sarebbe cresciuto il suo bambino, senza una rete di sostegno solida, l’hanno tormentata, portandola a riflettere su un futuro che non poteva garantire.

Dopo lunghe discussioni col compagno, il quale voleva che lei tenesse il bambino, Alessia ha compreso che, per il bene del nascituro, non poteva permettere che crescesse in condizioni instabili. La sua esperienza personale, segnata dalle conseguenze della separazione dei genitori, ha amplificato il suo desiderio di evitare a un’altra vita le stesse sofferenze.

La scelta di abortire è stata discussa con la sua ginecologa, che le ha presentato questa possibilità. Senza esitazioni, Alessia ha prenotato una visita per un’interruzione di gravidanza, ma l’evento si è rivelato ancora più traumatico del previsto. Giunta all’ospedale Sant’Anna di Torino, ha visto tante altre donne in attesa di diventare madri, e questo l’ha sopraffatta. La sua confusione e il suo senso di colpa sono cresciuti enormemente, mentre si sentiva inadeguata nel non riuscire a provare gioia per la sua gravidanza.

Durante la visita, Alessia è stata accolta da un medico distante e freddo, che le ha imposto la visione e l’ascolto del battito cardiaco del feto. Quando le ha lasciato le immagini dell’ecografia, il suo dolore è aumentato, facendola sentire un mostro, mentre rifletteva sull’ingiustizia della situazione. Avrebbe desiderato che il personale medico si mostrasse più empatico e rispettoso della sua scelta, trattandola come una donna in diritto di decidere.

Dopo quell’esperienza, Alessia ha pianificato un raschiamento, mentre dentro di sé soffriva enormemente. La sua salute mentale è peggiorata drasticamente, la costringeva a vivere in uno stato di malessere costante. Aggravata dalla pressione familiare, che la giudicava severamente, Alessia ha vissuto una depressione profonda che l’ha portata a un aborto spontaneo.

Il giorno dopo, tornata all’ospedale, un medico compassionevole ha confermato il suo aborto spontaneo, ma Alessia non ha mai ricevuto il supporto psicologico di cui aveva bisogno in un momento così critico. Solo anni dopo ha trovato il coraggio di seguire una terapia, rendendosi conto che il dolore dell’esperienza non si era affievolito ma continuava a perseguitarla.

Da un punto di vista psicologico, Alessia ha lottato con un vuoto profondo, avvertendo un malessere che non riusciva a spiegare. Attraverso il supporto di una terapeuta, ha compreso che l’aborto era stata l’unica decisione sensata per lei in quel momento. Tuttavia, il peso della scelta e il rimpianto per non aver dato al suo bambino nemmeno una possibilità l’hanno segnata.

“Il dolore non è mai svanito; oggi capisco meglio quanto sia un privilegio concepire”, riflette Alessia. Con il passare degli anni, ha compreso che la maternità non è un diritto scontato e che molte donne affrontano situazioni ben più complicate.

Per quanto riguarda il supporto da parte della sua famiglia, Alessia ammette di non aver ricevuto alcuna comprensione, mentre i suoi amici, pur avendo ascoltato le sue paure, non erano in grado di fornirle il supporto emotivo di cui necessitava. La mancanza di sostegno e la solitudine l’hanno portata a un drastico dimagrimento e a un crollo psicologico che l’hanno costretta a cercare aiuto professionale.

Oggi, a distanza di 12 anni, Alessia continua a vivere con il peso di quell’esperienza. Raccontare la sua storia è ancora un atto doloroso, ma la sua intenzione è chiara: “È fondamentale far sapere alle donne che la violenza psicologica subita durante l’aborto è reale. Le donne che scelgono di interrompere una gravidanza non ricevono adeguato supporto psicologico e affrontano un trauma profondo, che lascia cicatrici. La società deve cambiare, iniziando da una corretta informazione e un’educazione sessuale adeguata fin dalla giovane età”.

Nonostante desideri maternità in futuro, Alessia vive ancora con il timore di affrontare una nuova gravidanza, consapevole della fragilità delle emozioni umane e della necessità di un supporto empatico e non giudicante.



1 comment

  • Alessia vive il dramma di moltissime donne che hanno deciso di abortire, senza sapere che questa rinuncia al figlio che attendevano sarebbe stata devastante per tutta la vita. Il problema è che nessuno dice loro che il bambino c’è a 18 giorni dal concepimento, quando il cuore inizia a battere e tutte le trasformazioni ormonali che accompagnano la gravidanza fin dal primo giorno coinvolgeranno la mamma, che lei voglia o non voglia il piccolo che attende. Perciò, la vera domanda è: perché nessuno ha aiutato Alessia a tenere il bimbo, a superare le motivazioni che la spingevano alla Ivg? Per questo serve più informazione dell’esistenza di realtà di volontariato a supporto della mamma incinta in difficoltà, in Italia ce ne sono tante.
    Accogliere la vita appena sorta fa la differenza per il futuro di felicità.
    Vittoria