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Addio a Full, il cane caduto in una grotta: ritrovato il corpo a 25 metri di profondità



Nonostante gli sforzi instancabili di soccorritori e speleologi, si è conclusa tragicamente la vicenda di Full, un Setter inglese di sette anni rimasto intrappolato dal 7 dicembre scorso in una grotta nella zona di Saluzano, nel Bresciano. Il cane era precipitato durante una passeggiata con il suo proprietario, un cacciatore, che ha immediatamente dato l’allarme. Da quel momento è iniziata una corsa contro il tempo per salvarlo.



Il cane era scivolato per circa otto metri, finendo poi a una profondità di oltre 25 metri. I soccorritori, supportati dai Vigili del Fuoco di Brescia e dagli esperti del Soccorso Speleo Alpino, hanno lavorato senza sosta per una settimana nel tentativo di raggiungerlo. L’area, situata tra Colmi e Santa Maria del Giogo, si trova a circa mille metri di altitudine ed è caratterizzata da terreni impervi e accessi estremamente difficili.

Giovedì scorso, i soccorritori erano riusciti a raggiungere una profondità di 12 metri. In un aggiornamento rilasciato in quei giorni, avevano dichiarato: «Al momento si è raggiunta una profondità di circa 12 metri: si cerca di liberare un meandro che porta a una cameretta più ampia, allargando la cavità con una demolizione delle pareti.» Tuttavia, nonostante l’impegno profuso, nel fine settimana il cane aveva smesso di dare segnali di vita.

Le ricerche sono proseguite fino a quando i soccorritori non hanno trovato il corpo senza vita di Full, a più di 25 metri di profondità. La notizia ha suscitato grande commozione e ha aperto un dibattito più ampio sul rapporto tra gli esseri umani e i cani, specialmente quelli utilizzati per la caccia.

La vicenda ha colpito profondamente non solo gli appassionati di animali, ma anche l’opinione pubblica in generale, diventando il simbolo dell’importanza del legame tra uomo e cane. La partecipazione emotiva dimostrata dalle persone per il destino di Full riflette un crescente senso di sensibilità collettiva verso gli animali domestici, considerati sempre più membri della famiglia.

Tuttavia, questa tragica storia porta con sé anche alcune riflessioni sul trattamento dei cani da caccia. Sebbene il proprietario di Full abbia fatto di tutto per salvarlo, non si può ignorare che molti altri cani destinati a questa attività spesso vivono condizioni ben diverse. Sono numerosi i casi di animali che trascorrono la maggior parte della loro vita chiusi in spazi angusti, utilizzati esclusivamente durante la stagione venatoria. Molti di loro, inoltre, vengono abbandonati quando non sono ritenuti “idonei” a svolgere il compito assegnato.

La morte di Full, quindi, potrebbe rappresentare l’occasione per aprire un dialogo sul destino dei cani da caccia e sul loro ruolo nella società odierna. Se da un lato questi animali continuano a essere impiegati in attività tradizionali, dall’altro cresce l’idea che ogni cane meriti una vita dignitosa e affettuosa, indipendentemente dal suo “utilizzo” da parte dell’uomo.

Il caso di Full si inserisce in un contesto più ampio, evidenziando le contraddizioni del rapporto tra umani e cani. Da una parte, c’è un legame sempre più profondo e affettivo che porta a considerarli membri della famiglia. Dall’altra, persiste un approccio utilitaristico, soprattutto nel mondo della caccia, che spesso riduce questi animali a strumenti di lavoro.

Gli esperti sottolineano l’importanza di un cambiamento culturale che porti a una maggiore attenzione nei confronti di tutti i cani, non solo di quelli domestici. Le associazioni animaliste invitano a riflettere su come sia possibile migliorare la qualità della vita degli animali impiegati nella caccia, promuovendo al contempo un’adozione più consapevole per quelli abbandonati o rinchiusi nei canili.



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