“Sono stata abbandonata in una cantina in corso Telesio, quartiere Pozzo Strada di Torino, appena nata il primo agosto 1980. Vorrei capire perché sono stata lasciata in quella cantina”. Con queste parole, Cristina Longo, oggi 44enne, ha scelto di condividere sui social un appello accorato per rintracciare i suoi genitori biologici. Una ricerca che rappresenta per lei un passo importante per rispondere a domande che si porta dentro da tutta la vita.
La sua storia inizia in una cantina del capoluogo piemontese, dove, appena nata, fu abbandonata. A trovarla furono due giovani, Emanuela e Roberto, all’epoca fidanzati. “Ho anche provato a cercarli. Volevo prima di tutto ringraziarli e poi chiedergli qualche dettaglio su di me”, ha raccontato Cristina in un’intervista al Corriere della Sera. Tuttavia, le sue ricerche non hanno portato ai risultati sperati: “Lei è mancata per un tumore una decina di anni fa. Di lui invece nessuna traccia”.
Quattro mesi dopo quel ritrovamento, Cristina fu adottata da una coppia che l’ha accolta con amore e dedizione. “La mia vita è stata un dono”, ha spiegato la donna, “ho due genitori meravigliosi che mi hanno amata e non mi hanno fatto mancare niente”. Nonostante ciò, Cristina sente ancora il peso di una ferita profonda: “Ho anche una ferita che è rimasta aperta e vorrei riuscire a curare”.
La consapevolezza delle sue origini è arrivata solo molti anni dopo. “I miei genitori sono sempre stati restii a raccontare di me, del mio arrivo”, ha rivelato. La svolta avvenne con la nascita del suo primo figlio, oggi 14enne: “Quando è nato il mio primo figlio ho scoperto dell’abbandono da parte di chi mi aveva messo al mondo”. Fu suo padre adottivo a rivelarle la verità: “Mio padre dopo qualche giorno ha tirato fuori l’articolo di giornale e ho scoperto di come sia sopravvissuta per miracolo”.
Nonostante le indagini svolte all’epoca dai Carabinieri, nessuno si fece avanti per fornire informazioni utili sull’identità dei genitori biologici di Cristina. “Anche i Carabinieri non erano riusciti a dare un nome e un volto ai miei genitori biologici”, ha spiegato. E oggi, dopo decenni di silenzio, l’appello sui social rappresenta per lei un tentativo di dare una risposta alle tante domande che ancora la tormentano.
“Lo so bene, i figli sono di chi li cresce e io sono amatissima”, ha sottolineato Cristina, riconoscendo l’amore ricevuto dai suoi genitori adottivi. Tuttavia, il desiderio di conoscere le sue origini rimane forte: “Per me però è importante conoscere le mie origini e sapere che cosa è accaduto dal ritrovamento in quella cantina fino all’arrivo all’istituto”. Questo vuoto nella sua storia personale continua a pesare, tanto che il giorno del suo compleanno non rappresenta per lei un momento di gioia: “Per me, ancora adesso, il mio compleanno è un giorno in cui non sono felice e lo festeggio solo perché mio marito è nato nella stessa data”.
L’abbandono in quella cantina di corso Telesio è un episodio che ha segnato profondamente la vita di Cristina, trasformandosi in una ferita mai completamente rimarginata. La donna spera che il suo appello possa raggiungere qualcuno che conosca i dettagli di quella vicenda o che possa metterla in contatto con i suoi genitori biologici. “Quella che ho vissuto è una grossa ferita”, ha ribadito.
La sua storia è emblematica di come l’abbandono possa lasciare cicatrici profonde, nonostante l’amore ricevuto da una famiglia adottiva. Per Cristina, il desiderio di scoprire le sue radici non è solo una questione personale, ma anche un modo per chiudere un capitolo doloroso della sua vita e guardare avanti con maggiore serenità.
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