La notizia della morte dell’attrice e regista romana Sibilla Barbieri, avvenuta in Svizzera dopo aver scelto il suicidio assistito, ha suscitato grande commozione e dibattito. Malata oncologica terminale, Barbieri aveva cercato di ottenere aiuto in Italia, ma la richiesta era stata respinta dall’Asl di Roma in quanto non rispettava i requisiti previsti dalla sentenza Cappato-Dj Fabi della Corte Costituzionale.
Barbieri aveva deciso di volare in Svizzera per porre fine alla sua sofferenza e, poco prima di partire, aveva registrato un video messaggio in cui denunciava la discriminazione tra i malati oncologici e chi si trova in altre condizioni non terminali. “Questa è un’altra grave discriminazione a cui lo Stato deve porre rimedio”, aveva dichiarato, sottolineando la difficoltà per molte persone di ottenere aiuto a causa della mancanza di mezzi o informazioni.
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La scelta del suicidio assistito è un tema molto delicato e controverso, che solleva numerose questioni etiche e legali. In Italia, infatti, il suicidio assistito è ancora vietato dalla legge, mentre in altri Paesi come la Svizzera è consentito in determinate circostanze.
La morte di Sibilla Barbieri ha riportato l’attenzione sulla necessità di affrontare questo tema in modo serio e approfondito, anche alla luce delle difficoltà che molte persone incontrano nel cercare di porre fine alla loro sofferenza. La vicenda ha inoltre portato all’autodenuncia del figlio dell’attrice e di Marco Cappato, attivista per il diritto alla morte dignitosa, che hanno deciso di assumersi la responsabilità dell’aiuto fornito a Barbieri.
Il caso di Sibilla Barbieri rappresenta dunque un importante monito per la società e le istituzioni, invitando a riflettere sulla necessità di garantire a tutti i cittadini il diritto a una morte dignitosa e senza sofferenze.
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