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La spiegazione del giudice sulla sentenza di Davide Fontana



Giuseppe Fazio, presidente della Corte d’Assise di Busto Arsizio, ha voluto chiarire alcuni punti riguardanti la recente sentenza su Davide Fontana, condannato a 30 anni per l’omicidio di Carol Maltesi. Il giudice si è difeso dalle polemiche e ha spiegato le ragioni dietro la scelta della pena.



La mancanza di motivi futili o abietti

Secondo i giudici, l’omicida ha ucciso Carol Maltesi perché si è reso conto di essere stato utilizzato da lei per perseguire i propri interessi personali e professionali. Questo ha scatenato l’azione omicida. I giudici hanno sottolineato che non sono presenti motivi futili o abietti a carico di Davide Fontana, giustificando così la sua condanna a 30 anni e non all’ergastolo come richiesto dal pm.

La risposta alle critiche

Il presidente Fazio ha risposto alle critiche sollevate riguardo agli stereotipi di genere e alla presunta vittimizzazione secondaria di Carol Maltesi. Ha sottolineato che le motivazioni della sentenza non sono in contrasto con l’uguaglianza di genere e che le critiche dovrebbero essere basate sulla lettura completa delle motivazioni che seguono i principi giuridici stabiliti.

Il motivo del delitto

Secondo il giudice, il motivo principale che ha spinto Davide Fontana a commettere l’omicidio non è stata la gelosia come sostenuto dal pm, ma la consapevolezza di aver perso l’amore di Carol Maltesi e la frustrazione di essere stato messo da parte da lei. Questa valutazione è stata confermata dai periti e dai consulenti psichiatri che hanno analizzato la mente dell’imputato.

La spiegazione delle espressioni utilizzate

Fazio ha chiarito il significato delle espressioni utilizzate nella sentenza, come “giovane disinibita che si era servita di lui”. Questo si riferisce al punto di vista soggettivo dell’imputato e al motivo/movente dell’omicidio, che non può essere considerato “abietto o futile” dal punto di vista tecnico-giuridico. L’aggravante della crudeltà è stata esclusa perché non è stata inflitta una sofferenza aggiuntiva e gratuita rispetto al delitto stesso.

Le attenuanti e la pena

Le attenuanti generiche sono state considerate per il fatto che l’imputato ha consentito di acquisire numerosi atti di indagine, risparmiando tempo ed energie al processo. La pena totale di 30 anni, nonostante i 34 anni calcolati, è dovuta al limite massimo stabilito dalla legge. Il giudice ha sottolineato che non ogni grave delitto deve necessariamente portare all’ergastolo e che spetta al giudice valutare le circostanze specifiche di ogni caso.

Conclusioni

Il presidente Fazio ha difeso la sentenza emessa e ha risposto alle polemiche sollevate. Ha sottolineato l’importanza di leggere le motivazioni complete e di comprendere i principi giuridici coinvolti. Il suo obiettivo è garantire una giustizia equa e imparziale, valutando attentamente ogni caso specifico.



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