L’autopsia rivela l’inquietante piano di avvelenamento pianificato e il tentativo di eliminare il bambino non ancora nato
Nel processo per l’omicidio di Giulia Tramontano, avvenuto il 27 maggio nella sua casa a Senago (Milano), emrgono dettagli scioccanti che potrebbero gravare sulla posizione del suo compagno Alessandro Impagnatiello. Secondo le indagini, Impagnatiello avrebbe avvelenato in segreto la sua fidanzata incinta e il loro feto, cercando così di liberarsi di loro per mantenere una doppia vita con un’altra donna.
Premeditazione e avvelenamento: Dopo aver trovato sostanze tossiche compatibili con il veleno per topi nei tessuti e nei capelli della vittima, l’accusa ha confermato che Impagnatiello avrebbe tentato di avvelenare Giulia durante i mesi precedenti all’omicidio. I risultati dell’autopsia, in particolare quelli tossicologici, avallano questa ipotesi. È emerso che Giulia è stata vittima di un piano premeditato e che è stata uccisa con crudeltà, subendo ben 37 coltellate.
Il tentativo di eliminare il bambino: Secondo l’accusa, Impagnatiello considerava il loro bambino, Thiago, come un ostacolo per la sua doppia vita e la sua relazione con un’altra donna. Questo fatto potrebbe aggravare la sua posizione durante il processo. Ulteriori prove della premeditazione emergono dalle ricerche effettuate da Impagnatiello sul suo computer, come “come avvelenare una donna incinta” e “come uccidere un feto con il veleno”.
Ulteriori dettagli scioccanti: L’autopsia conferma che Giulia è stata vittima di lento avvelenamento insieme al suo bambino. La presenza di tracce del veleno per topi nei tessuti, nel sangue e nei capelli della vittima dimostra in modo schiacciante il coinvolgimento di Impagnatiello nel piano di disfarsi di Giulia e del loro bambino. Inoltre, si è scoperto che Giulia non è morta a causa dell’avvelenamento, ma è stata dissanguata a seguito delle numerose coltellate inflitte.
Epilogo atroce: La giovane donna, non avendo avuto il tempo di difendersi, è stata colpita con numerosi fendenti al viso, al collo e al torace. Questa triste storia di orrore sembra avere origini durante i primi mesi della gravidanza di Giulia, durante le feste natalizie. In quel periodo, Impagnatiello aveva cercato sul web informazioni su “quanto veleno è necessario per uccidere una persona”.
L’enorme quantità di prove che emergono dal processo suggerisce chiaramente un piano di premeditazione e avvelenamento, che ha portato a un tragico epilogo per Giulia Tramontano e il suo bambino non ancora nato. La giustizia deve ora fare il suo corso per assicurare che un crimine così atroce non rimanga impunito.
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