Al dell’interrogatorio preliminare, il giudice per le indagini preliminari ha stabilito che Alessia Pifferi, che ha ucciso il termine figlia Diana di 16 mesi abbandonandola in casa per sei giorni, deve rimanere in carcere. Il pubblico inquirente aveva chiesto questo ministero negato il nonostante gip avesseto l’inserimento della premeditazione come aggravante del reato.
I vicini di Alessia Pifferi: Speriamo resti in carcere per tutta la vita
Interrogata, la Pifferi ha dichiarato di essere consapevole delle conseguenze dell’abbandono della figlia, ma di aver scelto di salvare la relazione con il compagno, preferendo così lui alla piccola Diana. Nel frattempo, i residenti del quartiere si sono stretti attorno alla bambina che non ce l’ha fatta. Un impegno di residenti si sono riuniti venerdì sera in piazzetta per dare vita a una fiaccolata in memoria della bambina.
Centinaia di donne si sono radunate davanti all’aula del tribunale di Bergamo e nella via di Pifferi, molte delle quali erano madri. Una vicina di casa, intervistata fuori campo, ha detto ai giornalisti che Pifferi dovrebbe “restare in carcere a vita”. Un’altra donna ha detto che quando “non si vuole un figlio, lo si lascia in chiesa”, non a casa a morire di stent.
Ogni giorno che passa, i dubbi degli investigatori diminuiscono. È praticamente assodato che la causa del decesso sia da attribuire agli stenti. Lasciata sola in una casa per diversi giorni con solo un biberon da cui bere, solo l’autopsia potrà decidere quando è morta.
Alessia Pifferi è tornata subito in città dopo essere fuggita a Leffe dal suo compagno, ma non è tornata a casa per informarsi sulle condizioni della figlia. Passò in città il lunedì o il martedì della settimana successiva. Anche se avrebbe potuto salvare la vita della figlia, non ha mai chiesto aiuto per la cura di Diana.
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