Papa Francesco ha chiesto scusa ai popoli indigeni del Canada. Lo ha fatto durante la sua visita nel Paese del Nord America, il suo trentottesimo viaggio apostolico. Ha detto il Pontefice: «Chiedo umilmente perdono per i mali commessi da così tanti cristiani nei confronti dei popoli indigeni». Francesco ha incontrato molti membri delle comunità indigene nella riserva di Maskwacis, che nella lingua degli indiani Cree significa “colline dell’orso”, nello Stato di Alberta.
Davanti al Papa c’erano i capi e i rappresentanti delle tribù indiane del Canada Occidentale, le cosiddette Quattro Nazioni di Maskwacis: l’Ermineskin Cree Nation, la Louis Bull Tribe, la Montana First Nation e la Samson Cree Nation. Non c’è stata nessuna cerimonia fastosa. Il Papa ha detto. «È un viaggio penitenziale, facciamolo con questo spirito». In aeroporto ad attenderlo c’erano il premier canadese Justin Trudeau e la governatrice generale del Canada Mary Simon.
Davanti a loro, con la sincerità che lo contraddistingue, Francesco si è assunto la responsabilità dell’assimilazione forzata, e a volte violenta, condotta nei confronti delle popolazioni native e di cui furono strumento principale i collegi cattolici. Il Papa ha pronunciato parole importanti. Si è detto «profondamente dispiaciuto» per come molti cristiani hanno «sostenuto atteggiamenti colonizzatori ». Bergoglio ha chiesto perdono «per i modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato, anche attraverso l’indifferenza, a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell’epoca, culminati nel sistema delle scuole residenziali ».
scuole residenziali canadesi nacquero alla fine dell’Ottocento e rimasero attive fino alla seconda metà del secolo scorso. Erano istituite dal governo e gestite dalle chiese cristiane per convertire e “rieducare” alla cultura occidentale i giovani nativi portati via alle famiglie. Il Papa ha detto di essere convinto che ci siano stati molti esempi di carità cristiana in quelle scuole e tanti casi di grande dedizione ai bambini, ma ha spiegato che le «conseguenze complessive delle politiche legate a quelle scuole sono catastrofiche».
Il governo canadese si era ufficialmente scusato nel 2008 con le persone ancora in vita che avevano frequentato gli istituti residenziali e recentemente si è impegnato a pagare un risarcimento di decine di miliardi di dollari agli ex studenti degli stessi istituti. Anche la chiesa anglicana aveva già chiesto perdono. Ora è arrivata, per volere del Papa, la richiesta di perdono della chiesa cattolica. L’assimilazione delle popolazioni indigene iniziò, in Canada, a metà dell’Ottocento con una serie di leggi.
La legge più importante e discriminatoria, quella del 1876, fu chiamata Indian Act: promuoveva l’integrazione e l’assimilazione delle nazioni indigene, le forzava ad abbandonare usi e costumi e metteva al bando i rituali, allargando il campo in cui l’autorità canadese poteva intervenire. Un ruolo fondamentale lo ebbero proprio le Indian resident schools, che nel momento di massima espansione costituivano una rete di 132 istituti. Gli studenti venivano spesso prelevati con la forza dalle loro case ed erano poi costretti a convertirsi al cristianesimo: non potevano parlare la loro lingua e dovevano rimanere a migliaia di chilometri dalle proprie famiglie.
Molti, inoltre, venivano picchiati e subivano vari tipi di violenze sessuali, fisiche e psicologiche. Il Santo Padre, alle parole, ha aggiunto un gesto molto significativo con una preghiera silenziosa nel cimitero attiguo alla chiesa dedicata alla Madonna dei Sette Dolori. Il silenzio della preghiera era accompagnato da un canto tradizionale e dal suono di un tamburo. La preghiera del Papa era rivolta alle migliaia di bambini (in tutto le scuole ne ospitarono circa 150 mila) morti per malattie, malnutrizione, negligenze o suicidio. Molti morirono tentando di fuggire. I corpi di tanti di loro non furono mai restituiti alle famiglie ma sepolti in fosse comuni. Nel corso della visita, Bergoglio si è mosso in sedia a rotelle.
Si è mostrato divertito e commosso quando i membri delle tribù gli hanno posto sulla testa il copricapo tipico dei capi delle nazioni indiane. Poi ha reso omaggio alla statua di Santa Kateri Tekakwitha, prima nativa nordamericana canonizzata. Alla fine, salutando le persone presenti nella riserva di Maskwacis, il Papa ha detto: «Se vogliamo riconciliarci tra di noi e dentro di noi, riconciliarci con il passato, con i torti subiti e la memoria ferita, con vicende traumatiche che nessuna consolazione umana può risanare, lo sguardo va alzato a Gesù crocifisso, la pace va attinta al suo altare».
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