Una donna di nome Greta Lolli, 29 anni, infermiera, descrive il lungo percorso che ha portato al trapianto al Sant’Orsola di Bologna, dove una vita è stata donata per la seconda volta da una partoriente.
Greta Lolli, 29 anni, è stata entusiasta di accettare un rene dalla sua mamma al centro trapianti Sant’Orsola di Bologna, che subito dopo aver scoperto di essere compatibile non ha esitato a donarne uno. Quando sono entrata nel centro trapianti, ho detto a mia madre: “Rallegrati, presto ci integreremo”. Sono arrivata pronta, ero estasiata quando mi hanno scelto, sapevo che tutto sarebbe andato bene e che il mio corpo mi avrebbe seguito. Dopo sette giorni in clinica, sono stata dimessa.
Alla giovane età di 18 mesi, Greta è stata colpita dalla sindrome emolitica e uremica, che ha danneggiato i suoi reni. Lavora come infermiera presso il reparto di Ortopedia di Villa Erbosa e nel 2019 i livelli di creatinina sono peggiorati, con conseguente aumento dei pazienti che richiedono esami di compatibilità pre-intervento. Mia madre, mia sorella, una delle mie migliori amiche e la madre di un’altra mia amica sono venute a fare il test.
La gara di generosità l’ha vinta qualcun altro, perché a donarle la vita sono state proprio le persone che hanno donato i loro reni. Le persone più adatte per me erano mia madre e mia sorella, ma lei ha 33 anni e credo che alla fine la decisione sia stata presa dalla madre”, ha detto con tono semplice. Secondo Manuela Bedosti, 59 anni, sopraffatta dall’emozione, se avessi potuto avrei donato due reni a mia figlia e ora sono la mamma più felice del mondo perché ho voluto donare. È andato tutto bene. “Ogni giorno scherziamo sulle piccole difficoltà della guarigione, come la cicatrice che si tira mentre si mangia”, ha detto l’infermiera, “Condividere questa esperienza ha rafforzato il nostro legame di amicizia. La ringrazio per quello che ha fatto”.
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