Catherine Spaak è stata una nota attrice ed anche cantante di grande successo la quale purtroppo è venuta a mancare all’età di 77 anni lo scorso 17 aprile 2022. Sulle cause della sua morte pare che abbia rotto il silenzio nelle scorse ore la sorella Agnes. Quest’ultima è intervenuta a Storie italiane e parlando della sorella e delle cause della sua morte.
Catherine Spaak, le cause della sua morte svelate dalla sorella Agnes
Pare che la donna abbia rivelato che da tanto tempo ormai Catherine combatteva contro degli strascichi lasciati da un ictus, il terzo che purtroppo è arrivato la scorsa estate. Qualche anno fa era stata colpita da una prima emorragia cerebrale che nello specifico sarebbe arrivata durante il primo lockdown. Purtroppo da quel momento i problemi di salute per l’attrice non sono finiti, ma le sue condizioni di salute sono peggiorate.
Il racconto di Agnes
“Il 25 di luglio ha avuto il terzo ictus e da allora purtroppo c’è stato un lunghissimo calvario. Posso dire, però, che se n’è andata tranquillamente, io le sono stata vicina fino all’ultimo momento“. Questo quanto rivelato dalla sorella Agnes nel corso dell’intervista rilasciata nella trasmissione in onda nel mattino di Rai1 proprio all’indomani della notizia della morte della sorella. “Voglio ricordarla sorridente. È stata una grande stella che brillerà per sempre“. Queste ancora le parole pronunciate dalla donna, tentando di trattenere le lacrime. Agnes è apparsa profondamente commossa nel corso di questa telefonata organizzata proprio dalla conduttrice Eleonora Daniele.
Le condizioni di salute dell’attrice degli ultimi anni
Stando alla ricostruzione fatta anche dalla sorella, sembra che l‘ultimo ictus per Catherine Spaak sia arrivato a fine luglio ed esattamente il 25 luglio 2021. Pare che l’attrice si trovasse in vacanza a Sabaudia sul litorale romano e in quel caso la situazione era apparsa piuttosto grave visto anche i precedenti. I familiari in qualche modo pare fossero piuttosto convinti del fatto che alla sorella non rimanesse tanto da vivere. Due anni fa aveva avuto una emorragia cerebrale che le aveva tolto la capacità di camminare e di vedere. I medici erano stati piuttosto Chiari ed avevano preannunciato che molto probabilmente non avrebbe superato la notte. Dopo un percorso di riabilitazione poi Catherine Spaak sarebbe tornata alla vita, seppur con qualche strascico. I funerali sono andati in onda su Rai Uno, in diretta ed anche in quel caso Agnes ha fatto chiarezza al riguardo. Si sono celebrati in forma privata. Pare che la sorella abbia sottolineato ancora il fatto che Catherine abbia espresso il desiderio di essere cremata.
Salutando Catherine Spaak, morta a 77 anni il giorno di Pasqua per emorragia cerebrale, qualcuno, a nome di tutti, dovrebbe prendersi la briga di pronunciare la parola «Scusa». Certo, ha recitato in 60 film, 23 produzioni tv e otto teatrali, da cantante ha firmato sette album e 24 singoli, ha pubblicato cinque romanzi, ha dipinto, creato tessuti e ceramiche, ha rilanciato nella sua tenuta fuori Roma la coltivazione di rose antiche.
Dalla vita Catherine ha avuto tutto, ma il conto che ha dovuto pagare è stato salatissimo. In casa la madre Claude non perdeva occasione per ricordarle quanti tentativi avesse fatto per abortirla e, solo in età adulta, Catherine è riuscita a confessare in tv di non essersi «mai sentita amata dai miei genitori». Non le andò meglio fuori casa, quando non ancora maggiorenne, ribelle, anticonformista e profondamente sola giunse nel 1960 a Roma, “raccomandata” da Sophia Loren. Inseguiva il successo, ovviamente, ma più ancora la libertà e l’indipendenza da una famiglia ingombrante, il desiderio di farsi interprete di una nuova epoca, di forgiare il proprio destino lontano dal padre, Charles, lo sceneggiatore che dagli anni ’30 aveva firmato i maggiori successi del cinema francese e dallo zio Paul-Henry, primo ministro del Belgio.
Nata e cresciuta a Parigi, in un ambiente già imbevuto di emancipazione femminile, avrebbe scoperto sulla propria pelle la dura legge del maschilismo italico. Sul suo primo film, Dolci Inganni, di Alberto Lattuada, calò la censura: non c’erano scene erotiche, ma la storia di una ragazzina che sceglieva un compagno più grande di lei fece scattare l’accusa di «lolitismo… un concentrato di situazioni riprovevoli e inaccettabili… un film degradante, che non fa onore al cinema italiano e lascia lo spettatore nauseato e disgustato». Avrebbe potuto tornarsene in Francia. «Avrebbe dovuto», ribatte un’amica romana. Ma in famiglia aveva ricevuto un’educazione rigorosa, poco incline al vittimismo. «Sono un po’ belga, un po’ francese, però fondamentalmente mi sento e sono italiana. La Citta Eterna è la mia cuccia, ci sto bene», raccontò poi.
Racconta Claudio Lazzaro, che per un anno è stato suo autore alla trasmissione Harem: «Quando nessuno poteva immaginare il terremoto del Me too, dal 1988 al 2002, ha fatto del suo salotto televisivo una delle punte più avanzate della battaglia per i diritti civili in Italia.
Era una signora di classe e forse lo ha fatto con troppo garbo, senza mai alzare i toni e senza mai rinunciare all’innocenza del sorriso. Col risultato che molte delle sue denunce sono state sottostimate o addirittura inascoltate». «Spesso sono stata bullizzata», ha raccontato nel 2020 a Oggi. Nel Sorpasso e nell’Armata Brancaleone lavorò con Gassman: «Vittorio mi accoglieva a parolacce», ha aggiunto, «anche se in seguito, si è scusato». Sul set della Voglia Pazza Ugo Tognazzi le fece avance insistenti: «È stato terribile e con lui non ci siamo riappacificati».
Salvava Mastroianni, conosciuto girando Break-up di Marco Ferreri: «Marcello era un uomo pieno di charme. Gentile, dolce. Rispettava le donne. Era una persona splendida». Il resoconto forse più crudo delle sue esperienze lo ha consegnato nel 1985 alla commissione istituita a Montecitorio sulla parità uomo donna.
Davanti ai parlamentari ha raccontato che il regista del suo primo film in Italia aveva chiesto a sua madre di poterla sverginare. Un’uscita che i giornali dell’epoca avevano giudicato «di cattivo gusto». Paola Fallaci, sorella di Oriana, la pensava diversamente e su Oggi aveva riportato l’intervento a Montecitorio. «Nel 1963 a 18 anni tentai di andare in Francia con mia figlia Sabrina (nata dal primo matrimonio con Fabrizio Cappucci) che avevo regolarmente iscritta sul passaporto.
Ma c’era la patria potestà, c’era l’abbandono del tetto coniugale, allora alla frontiera mi misero le manette. Come a una criminale. Da Bardonecchia a Roma con un polso legato a un carabiniere e un altro carabiniere che teneva in braccio la bimba, con i giornalisti che sfondarono il finestrino del treno per intervistarmi». Il giudice avrebbe poi affidato bimba alla nonna materna «in quanto attrice ero considerata di dubbia moralità». Raccontò alla collega Antonella Amendola: «I giornali mi hanno perseguitato, sono stati anni allucinanti. Con Johnny Dorelli (il suo secondo marito, conosciuto nel 1963 recitando in teatro La vedova allegra, ndr) è stato un orrore.
Nel 1971 quando nacque nostro figlio Gabriele cercai di tenerlo nascosto, la legge sul divorzio non esisteva, Johnny lo aveva riconosciuto ma io non potevo. Agli atti risultava figlio di madre ignota, trascritto come m. ignota, formula da cui deriva la parola mignotta. Bello no?». Il suo riscatto è stato condurre Harem su Raitre e farne per quasi 15 anni un successo, che ancora oggi viene studiato e scopiazzato. «Era una grande professionista», riprende l’autore Lazzaro, «studiava, era sempre preparata. Forse era solo un po’ rigida, ma trent’anni fa quando le proposi di condurre una puntata con alcuni trans mi meravigliò per la sua disinvoltura e la serata, a parte le ramanzine di alcuni critici, fu un successo». In amore è sempre stata vulnerabile. Da giovane l’avevano fatta passare per una mangiauomini.
Lei si difendeva: «Non sono una mantide, cerco la mia felicità come donna». Ripeteva: «Mi meraviglio della meraviglia di chi si meraviglia per i miei quattro i mariti. Uno meno delle mogli di Costanzo». In pubblico ironizzava, ma in privato si leccava le ferite. Ricordando con Oggi il momento della rottura con Dorelli aveva detto: «Volevo lasciarmi morire, vennero a galla le mie insicurezze, ero fragilissima, non mangiavo, avevo perso 15 chili, e stavo in piedi a tranquillanti e flebo. Sono stata per tre anni in cura da uno psicologo».
Nel 1999, chiudendo otto anni di matrimonio e nove di convivenza con l’architetto francese Daniel Rey, che l’aveva incoraggiata a fare Harem, Catherine andò incontro a un altro periodaccio: «L’analisi freudiana, la disciplina Avatar inventata da Henry Palmer e la meditazione buddhista mi hanno dato tanto equilibrio. Ho tutti gli strumenti per reagire, ma chiudere con Daniel è stato un brutto colpo». Nel 2020, colpita da una prima emorragia cerebrale, aveva attribuito il malessere al divorzio dal quarto marito, Vladimiro Tuselli. «Ci siamo lasciati in modo sereno, ma ho accusato il colpo. Sto somatizzando». Aggiunse: «Non sono stata mai capita nè amata, ma ho superato tutto vivendo».
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