Tutto finisce, anche Don Matteo, che dal 2000 a oggi ha rappresentato nel panorama Tv una certezza, immutabile e rassicurante. Nei giorni scorsi è stato battuto l’ultimo ciak del mitico sacerdote interpretato da Terence Hill.
La troupe ha salutato il proprio beniamino con affetto e una buona dosa di commozione dopo tanti anni trascorsi insieme. «È vero, Terence ci lascia», ha dichiarato Luca Bernabei, produttore della serie. «Ma vogliamo interpretare questa frase soprattutto in senso positivo.
Vogliamo pensare all’eredità che ci lascia in termini di dedizione, fedeltà e soprattutto di amore per Don Matteo e per i telespettatori che in questi vent’anni ci hanno seguito. Oggi dobbiamo essere all’altezza del mito, che resta come un padre, ci guarda da lontano e ci osserva crescere.
Consapevoli dell’eredità di Terence, abbiamo il dovere di impegnarci ancora di più e di portarla avanti con la massima dedizione e responsabilità». A raccogliere il testimone, come già annunciato, ci sarà Raoul Bova nei panni di Don Massimo.
Il compito non è facile. Le donne hanno sempre amato Terence Hill per la sua aria simpatica e pensosa, gli uomini volevano essere come lui. Don Matteo è diventato un eroe nazionale, invitato pure a Sanremo, dov’è entrato in scena lanciandosi giù delle scale dell’Ariston con l’immancabile bicicletta. Nel 2010, persino l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva voluto riceverlo al Quirinale.
Dopo aver debuttato al cinema come Mario Girotti negli Anni 50 e aver conquistato il successo internazionale come Terence Hill in coppia con Bud Spencer, la fiction di Raiuno ha rappresentato per l’attore un nuovo capitolo all’alba dei sessant’anni. Terence ci aveva raccontato com’era andata: «Il personaggio era nato per Lino Banfi (che poi non era disponibile, ndr) e doveva chiamarsi Don Teodoro. Andai dal regista e dissi: “Lo faccio io, ma questo nome non lo voglio!”.
E allora è nato Don Matteo che piace tanto al pubblico perché è gentile, sa ascoltare e non critica nessuno». Non poteva immaginare che il successo del personaggio sarebbe durato per più di vent’anni e 259 episodi. Invece il pubblico si è innamorato e lui pure. «Ho conservato sempre la stessa tonaca, ogni anno più rappezzata perché Don Matteo è proprio così: un po’ straccione, come Trinità ». E per questo amato al di là della finzione.
Per le strade di Gubbio, dove si giravano le prime stagioni, e poi quelle di Spoleto, dove ha traslocato in anni recenti, la gente gli voleva bene come a un prete vero, a volte gli chiedeva persino di potersi confessare. Caro Terence, ci mancherai
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