L’uomo in più per una volta non ha le sembianze del personaggio di fantasia Antonio Pisapia, calciatore all’apice della carriera, raccontato nella pellicola che segnò il debutto come regista di Paolo Sorrentino. In questo caso c’è sempre un Paulo di mezzo, Fonseca, che si gode il suo uomo in più. Si tratta di Henrik Mkhitaryan. Otto gol e sette assist in campionato che salgono a 9+9 se viene presa in considerazione anche l’Europa League.
Ma non solo. Perché il tecnico ha ormai la consapevolezze di avere a che fare con «il giocatore più intelligente che abbia allenato». Decisivo e finalmente continuo. Perché che l’armeno fosse un calciatore di categoria superiore nel nostro campionato si era intuito anche lo scorso anno quando gli infortuni gli resero la vita impossibile. Anche il cambio di modulo lo ha agevolato: con la virata sul 3-4-2-1, l’armeno ha cominciato ad agire tra le linee affiancato da un altro trequartista, con licenza di allargarsi a sinistra come dimostrano gli ultimi assist in fotocopia a Mayoral (Crotone) e a Dzeko (Atalanta). I compiti difensivi che gli venivano richiesti nel 4-2-3-1 sono un lontano ricordo.
La svolta è arrivata dopo la pausa per il Covid. Dalla Sampdoria in poi ha cominciato a giocare con continuità. E come spiegato, il cambio del modulo, gli ha dato una grossa mano (e non solo a lui). Tre gol nel mini torneo estivo, contro Napoli, Parma e Inter, e due assist. Da quel momento non si è più fermato. Ora gioca, segna, sforna assist. Si è trasformato nel calciatore che ha inciso di più: quasi nella metà delle reti realizzate in campionato (35). Fonseca nelle sedici partite di A, lo ha schierato sempre titolare.
Solo in due occasioni ngli ha risparmiato qualche minuto nel finale: a Udine, dove ha disputato 71 minuti e a Crotone, mercoledì scorso (63). Arrivato in prestito durante la passata stagione, quest’anno pur di continuare nella Capitale si è liberato dall’Arsenal a zero e ha poi firmato con i giallorossi. Un contratto annuale (3 milioni più 2 alla firma) con la possibilità di estenderlo per un’altra stagione, una volta raggiunti determinati parametri. Paletti già ampiamente superati. Entro gennaio, arriverà l’ufficialità del rinnovo (l’ultima parola spetta a lui), alle stesse cifre di un anno fa. Del resto fare a meno di questo Mkhitaryan per Fonseca è impossibile. È lui, ad oggi, l’uomo in più.
Dopo l’esclusione dall’undici iniziale contro la Sampdoria che aveva il sapore di punizione per la pessima prestazione contro il Crotone – marcatura molle su Zanellato per il gol dello 0-1 e fallo ingenuo per il rigore del momentaneo 2-2 -, Arturo Vidal domani all’Olimpico dovrebbe tornare titolare nella formazione che Antonio Conte schiererà contro la Roma.
Il cileno, nonostante non sia ancora al top della condizione, è indubbiamente uomo da grandi match e quello nella capitale sarà uno scontro diretto dal doppio significato: l’Inter vincendo potrebbe rimanere in scia del Milan o superarlo in caso di ulteriore frenata dei rossoneri; ma se invece dovesse perdere verrebbe raggiunta in classifica proprio dalla Roma. Vidal quindi dovrà cercare di dare finalmente il suo contributo: il cileno finora ha deluso e in 18 presenze non ha ancora trovato il gol.
Mai gli era successo in carriera di rimanere a secco a questo punto della stagione: nell’annata ’19-20 con il Barcellona la prima di 8 reti totali arrivò addirittura il 25 agosto; nel ’18-19 Vidal segnò solo 3 gol, ma il primo lo realizzò il 28 ottobre ’18 contro il Real. Anche nei tre anni al Bayern il cileno si era sempre sbloccato fra settembre e ottobre; fra agosto e settembre nei quattro alla Juventus. Insomma, l’Inter ha bisogno di Vidal e Conte domani dovrebbe rilanciarlo al posto di Gagliardini. Darmian potrebbe prendere il posto di Young a sinistra; mentre ieri è tornato a lavorare completamente in gruppo Vecino: l’uruguaiano però dovrebbe tornare fra i convocati mercoledì per la trasferta a Firenze di Coppa Italia.
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Insieme ad Arturo Vidal, saranno altre due le novità tra i titolari rispetto alla gara persa nell’infrasettimanale a Marassi con la Sampdoria. Mentre il cileno prenderà il posto di Roberto Gagliardini, in attacco tornerà Romelu Lukaku per Alexis Sanchez e sulla corsia mancina Ashley Young resterà inizialmente ai box per lasciare spazio a Matteo Darmian. Fondamentale per l’Inter il rientro di Big Rom anche se il belga, pure negli ultimi allenamenti, non è parso al 100%. Troppo importante però lo snodo stagionale per rinunciare al centro di gravità del gioco nerazzurro che, piuttosto, potrà riposare mercoledì in Coppa Italia a Firenze, gara che farà da antipasto al derby d’Italia con la Juve. È invece rimasto a Milano Matias Vecino anche se ormai l’uruguaiano è tornato ad allenarsi in gruppo: dopo un adeguato rodaggio, potrà essere per un nuovo acquisto per Antonio Conte. In mancanza d’altro, meglio accontentarsi.
Il match di oggi contro l’Inter e quello di venerdì contro la Lazio, faranno chiarezza per quali obiettivi stagionali dovrà competere la Roma: se limitarsi alla lotta per un posto in Champions o ambire a qualcosa in più. In quest’ottica, il club è in attesa sul mercato. Se Fonseca è uscito allo scoperto chiedendo rinforzi, la società rimane invece in una posizione d’attesa, aspettando l’occasione giusta. Con Reynolds destinato alla Juventus (pronta a “parcheggiarlo” al Benevento), l’attenzione del nuovo dg Pinto è volta soprattutto ai due laterali Montiel (River Plate) e Celik (Lille). Per l’argentino è stata presentata un’offerta di 7 milioni. Ma è in attacco che il tecnico si attende novità a breve. Bernard (Everton) o El Shaarawy (Shanghai) i papabili: a Paulo vanno bene entrambi.
Avrebbero potuto giocare insieme. Almeno in un paio di casi, per la felicità di Antonio Conte che da sempre vorrebbe affiancare a Romelu Lukaku, Edin Dzeko. Il motivo è semplice: il bosniaco è l’unico – nell’ottica dell’ex ct azzurro – capace di giocare sia insieme che sostituire il belga. E dando un’occhiata a quello che è accaduto a Genova non più tardi di tre giorni fa, appare difficile dargli torto. Anche perché l’impressione è che i due sarebbero andati d’accordo anche fuori dal campo.
A tal proposito viene in mente il dialogo serrato avvenuto lo scorso luglio. Un abbraccio a fine partita, con Edin che iniziò a parlare all’orecchio del belga che prima ascoltò e poi strabuzzò gli occhi, guardandolo tra il sorpreso e il divertito. Un dialogo segreto che per settimane ha fatto temere il peggio alla tifoseria capitolina, prima del tira e molla con la Juventus, sfumato nel post Verona-Roma quando tutto ormai lasciava presumere l’addio. Come nell’estate precedente, quella del 2019, quando la corte nerazzurra era serrata, ma bloccata dalla mancata cessione di Icardi. L’Inter concentrò energie e denaro per l’affare Lukaku e il bosniaco, stufo di aspettare, rinnovò il contratto con la Roma.
Inter prima e Juventus poi; Dzeko alla fine è rimasto e domani scenderà in campo ancora una volta da avversario di Conte che già lo aveva “sfiorato” nel gennaio 2018, quando era al Chelsea e dalla Roma riuscì ad acquistare solo Emerson Palmieri. Dzeko porta in dote – al netto dei cinque minuti finali disputati contro il Crotone – tre centri di fila (Atalanta, Cagliari e Samp), quattro nelle ultime cinque partite (aggiungendo il Bologna) disputate, sette in campionato in appena 12 presenze e 1001 minuti giocati. Minutaggio ridotto rispetto al solito per la piaga Covid. Ma la doppietta di Borja Mayoral – che ha rinfrancato Fonseca che ora sa che può contare anche sullo spagnolo – non inganni. La Roma, nonostante i 35 anni che festeggerà a marzo, gira ancora attorno a Dzeko. Edin è tutto: finalizzatore, suggeritore, uomo squadra e capitano.
Se è in giornata, la Roma vola. Negli incroci contro l’Inter ha segnato due reti e sfornato 6 assist. Numeri che lo avvicinano ad un “10”, come sottolineato dal tweet del Manchester City un paio di giorni fa che ne ricordava l’acquisto avvenuto dieci anni prima, ma che non sono tutto. Per informazioni andare a guardare lo score dei bomber di sempre della Roma dove Edin (a quota 114) è arrivato, dopo una lunga rincorsa, sul podio. Dietro a un certo Pruzzo e l’icona Totti.
Se Dzeko è indispensabile per Fonseca, è banale dire quanto sia fondamentale Lukaku per Conte. Come detto, la partita contro la Sampdoria è lì a dimostrarlo, ma in questa annata, più che nella scorsa, è aumentata la Romelu-dipendenza dell’Inter. La stagione passata, la prima del centravanti belga in nerazzurro, Conte fece a meno del suo totem nella formazione iniziale in sei occasioni e raccolse quattro vittorie (Sampdoria, Brescia, Torino e Spal), un pareggio (Roma, con “Big Rom” che subentrò e segnò il definitivo 2-2 su rigore) e una sconfitta (Barcellona). In questa prima metà di ’20-21, Lukaku non è sceso in campo nell’undici titolare cinque volte, l’Inter ha vinto solo col Sassuolo, perdendo con Real e Sampdoria e pareggiando con Atalanta e Parma (quando Perisic agguantò il 2-2 nel recupero).
L’Inter mercoledì a Marassi ha saputo costruire azioni da gol anche senza Lukaku, nonostante il belga sia un catalizzatore del gioco offensivo nerazzurro, ma è mancata concretezza, con Martinez e compagni che hanno calciato verso la porta 24 volte, trovando lo specchio (e Audero) solo in 7 circostanze. “Big-Rom” aveva iniziato in panchina perché tre giorni prima, nel match di inizio 2021 contro il Crotone, aveva dovuto lasciare il campo nei minuti finali per un affaticamento alla coscia destra, rivelatasi poi solo una contrattura. Motivo che aveva spinto Conte a preservarlo proprio in vista del doppio confronto consecutivo con Roma e Juventus. Giovedì il belga aveva lavorato a parte, ma ieri si è invece unito al gruppo e quindi la sua presenza domani all’Olimpico non è in dubbio: tornerà in attacco ad affiancare Lautaro Martinez e formare così la coppia che, solo in questo campionato, ha già segnato qualcosa come 21 reti, 12 Lukaku (in 15 gare) e 9 il “Toro” (nel ’19-20, il bottino finale fu di 37, sempre restando nella sola Serie A). L’argentino, che nella prima stagione in nerazzurro aveva agito da “vice-Icardi”, con l’avvento di Conte ha saputo indossare i panni del partner perfetto per Lukaku, giocando spesso spalle alla porta per lasciare la profondità al compagno, giocando quindi un po’ alla… Dzeko. Già, si torna sempre lì.
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