Silvio Berlusconi compie 85 anni, non pochi, ma per lui insufficienti onde completare l’opera che vuole realizzare. Non mi riferisco alla sua immortalità, che pure gli starebbe a cuore, bensì a un progetto politico ambizioso al quale cominciò a dedicarsi nei primi anni Novanta.
Cioè quando l’inchiesta Mani Pulite iniziò a distruggere tutti i partiti italiani tranne il vecchio e decrepito PCI, poi denominato PDS dopo la caduta del muro di Berlino e del regime sovietico. L’idea del Cavaliere sembrava una scemenza: creare un partito che potesse sostituire la moribonda DC, il defunto PSI e cadaveri vari e contrastare il superstite Comunista. Eravamo noi giornalisti e cretini numerosi convinti che si trattasse di un piano velleitario.
Invece funzionò a dimostrazione che il papà delle televisioni private non è diventato ricco per caso, mentre quasi tutti gli altri sono rimasti in bolletta nera. Debbo ammettere che a me Berlusconi è simpatico, lo stimo perché non ha sbagliato un colpo sia come imprenditore edile, sia come banchiere, sia come editore, sia come uomo invincibile di sport. Egli insomma è un fenomeno, in ogni settore in cui si è cimentato ha ottenuto successi strepitosi, tranne uno: le donne. Delle quali ne ha avute troppe per cui tra le gonne egli si è perso ricavando un sacco di guai tuttora irrisolti. Un altro ramo che gli ha procurato soltanto grane è quello giudiziario.
I magistrati ho l’impressione che lo detestino, magari mi sbaglio. Ma è un fatto che si divertono a processarlo ogni due per tre. L’hanno condannato in una circostanza, per reati fiscali, quando in realtà egli si dedicava al governo e non alle sue aziende. Incomprensibile.
Dopo di che il Parlamento applicando retroattivamente una legge del cavolo lo ha espulso dall’aula legislativa mandandolo ai servizi sociali: un provvedimento che ancora oggi suscita ribrezzo. In ogni caso Berlusconi è vincente: ha battuto il cancro alla prostata, ha sconfitto i capricci del cuore, è riuscito perfino a mandare al diavolo il Covid. Ogni tanto viene ricoverato per controlli all’Ospedale San Raffaele dove Zangrillo, medico fenomenale, riesce sempre a dimetterlo in salute. Siamo di fronte a un uomo portentoso capace di prendere a calci anche le malattie e chi lo detesta perché imbattibile e pieno di soldi.
Chissà perché la ricchezza procura l’odio di chi è in bolletta, il quale poveraccio oltre che al verde è anche scemo perché non capisce che la salute e il denaro servono soltanto a evitare rotture di coglioni e non a vivere molto meglio.
Quando mia moglie passò dalla Mondadori alla Fininvest, acquirente di Rete 4, fondata da me, ebbe raddoppiato lo stipendio. Silvio rispettava il proprio personale e lo retribuiva generosamente, conosceva tutti i suoi dipendenti dei cui figli ricordava i nomi, informandosi sempre della loro salute e dei loro studi. Ma questo suo modo di essere non gli ha evitato aspre inimicizie da parte della sinistra, che vedeva in lui un nemico difficile da contrastare.
La politica infatti è un’arena dove si litiga ferocemente e senza requie. Allorché il Cavaliere vinse le elezioni nel 1994 non ebbe più pace, contro di lui si scatenarono non solo gli avversari dei partiti, ma anche la magistratura che non gli risparmiò colpi bassi nel suo privato. Egli però non ha mai mollato è ancora oggi, pur pieno di ferite, continua a battagliare. Nella sua trincea di Arcore comanda le proprie truppe e riesce a essere protagonista della tribollo spirito latino, cioè dulcis in fundo sed in cauda venenum: Silvio è bravissimo a regnare, ma non sa governare.
Non so se il vecchio socialista scherzasse o meno, ma nelle sue parole qualcosa di vero céra di sicuro. Con me Berlusconi è sempre stato di manica larga. Mi volle direttore del orfano di Montanelli e ripagai i suoi lauti compensi aumentando a dismisura le copie vendute dal quotidiano. Sono trascorsi parecchi anni dal periodo durante il quale lavorai con lui, ma la mia opinione sul suo conto non è mai mutata: trattasi di un fuoriclasse ineguagliabile, un re senza macchia. Gli auguro buon compleanno e spero di riabbracciarlo presto, con gratitudine.
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