Renato Pozzetto sapete chi è la figlia Francesca? È nata dalla relazione tra l’attore e la moglie Brunella Gluber. Da quando purtroppo quest’ultima è deceduta, Francesca vive vicino al padre per non farlo sentire tanto solo. Proprio in questi giorni Renato Pozzetto ha parlato della moglie e di quanto sia stato e continua ad essere per lui è difficile vivere senza di lei.
Renato Pozzetto sapete chi è la figlia Francesca?
“Non la sogno, questo mi addolora molto. Vorrei rivederla”, questo quanto dichiarato da dall’attore parlando proprio della moglie Brunella che è venuta a mancare nel 2009. Il loro è stato un amore speciale, durato oltre 40 anni e dalla loro unione sono nati due figli Giacomo e Francesca. Sembra che il primogenito sin da piccolino abbia tentato di seguire le orme del padre, diventando un attore. Effettivamente Giacomo ha recitato in diversi film come ad esempio Un amore su misura, una pellicola di 94 minuti diretta dal padre Renato nel 2007. Nonostante comunque il suo esordio sia stato piuttosto positivo, Giacomo pare abbia deciso di abbandonare il cinema per poter diventare uno chef. La decisione della sorella invece è stata ben differente, visto che oggi Francesca lavora nel mondo del cinema ed è una produttrice.
Vita privata di Francesca
Proprio lei, Francesca sembra che abbia deciso in questi anni di tenere unità la famiglia, ma soprattutto di stare vicino al padre. Della donna si sa ben poco visto che comunque lavora dietro le quinte e non ama stare sotto i riflettori. Per certo sappiamo che è sposata ed ha avuto tre figli ovvero Azzurra e poi le gemelle Stella e Olivia. Nel 2007 ha lavorato con il padre e poi con il fratello alla produzione del film Un amore su misura. Poi sempre insieme a Giacomo si è occupata della scrittura di Casa e bottega, un film trasmesso su Rai 1, che parla di un imprenditore e della sua vita ormai sull’orlo del fallimento. Il protagonista riuscirà ad uscire da questo brutto momento soltanto grazie all’affetto della famiglia e all’aiuto della famiglia. Scrivendo questa trama, pare che la figlia del noto attore si sia ispirata al momento che ha vissuto dopo che la madre è venuta a mancare nel 2009.
Una famiglia unita quella dell’attore
Sembra che dopo la morte della mamma e della moglie di Pozzetto, la famiglia si sia unita ancora di più e si sia anche tanto avvicinata. Sia Francesca che Giacomo hanno accusato il colpo ed hanno ben capito quanto il padre soffrisse da solo. Per questo motivo, si sono trasferiti a Milano e addirittura nella stessa palazzina di Renato Pozzetto, in modo da farlo sentire meno solo.
Stupore. Quello degli spettatori di Lei mi parla ancora di Pupi Avati (programmato su Sky). Perché un Renato Pozzetto drammatico, anzi lacerato, nessuno se lo aspettava. Anzi nessuno se l’era mal aspettato nei 50 anni di carriera dell’ex Mani di Fata.
A 80 compiuti, Pozzetto fa 11 novantenne nel quotidiano ricordo della moglie perduta. E lo fa dannatamente bene. E la prima a riconoscerlo è stata Elisabetta Sgarbi che sulle prime magari non era entusiasta quando Avati scelse Renalo per il molo del padre Nino, ma durante la lavorazione ne è stata conquistata («Stessi movimenti, stesse pause, stessa Ironia padana» ha dichiarato in un’intervista).
Lei mi parla ancora è infatti un amarcord sulla vita coniugale del babbo di Elisabetta e di Vittorio, amarcord che è stato prima libro, e ora film (quando mai Avati ha resistito a una ricerca del tempo perduto In Padania?). moglie, Rita Cavallini, la farmacista di Ferrara che Iniettò a Vittorio il virus delle opere d’arte, è Impersonata da Stefania Sanciteli!.
E lei non ha stupito (mai una volta che sia stata sbagliala per ima parte dai tempi di Divorzio all’italiana). Ma il Pozzetto che nel flore dell’ottantina si scopre la vena drammatica questo nessuno se lo attendeva.
E subito ha ripreso vena la leggenda di Avati, il regista che fa I miracoli che tramuta attori da tempo inchiodati al rispettivi cliché (Abatantuono, Delle Piane, Boldl) in personaggi che nessuno si sognava. In realtà Pupi non fa 1 miracoli lui che ama gli attori non il prende e basta, «li aspetta». Aspetta che abbiano l’età della parte e soprattutto il «momento» per viverla. Così diede un ruolo di perdente (Regalo di Natale) ad Abatantuono quando questi cominciò a perdere al botteghino, attese che venisse fuori la crudeltà di Delle Piane, e cito «eroe» Franco Nero arrivasse alla cinquantina per perdere (in Fratelli e sorelle) tante “eroiche” sicurezze.
Pozzetto, probabilmente Pupi l’ha aspettato per tutti gli anni in cui sugli schermi trionfava la sua immagine di bambocclone Imbranato. In realtà Pupi sapeva – come tutti 1 conoscenti sapevano dal tempi del derby – che Renato non era quel bamba, che era un lombardo tosto e pratico, sicuro di quel che voleva, che rimbranamento era solo maschera. Come constatò a suo tempo anche Berlusconi quando lo volle Ingaggiare per la televisione.
Lui dal film si aspettava li tontolone, e invece si ritrovò un “duro” che puntigliosamente metteva in discussione ogni comma del contratto. Certo, c’era sempre quella faccia da fanclullone mal cresciuto a mettere fuori strada lo spettatore, a rendergli poco plausibili 1 risvolti drammatici. Avati ha aspettato che gli cambiasse la faccia, che una rete di rughe artigliasse 11 volto paffuto. Ma non bastava. Ci voleva l’ottantina per stendere un velo di malinconia sugli occhi e quel velo arriva solo quando una cosa l’hai perduta per sempre (nel caso di Nino Sgarbi era una donna amata per quasi 70 anni).
Perché nel libro (scritto controvoglia da Nino Sgarbi per sollecitazione della figlia) si assiste al tentativo reiterato, ma non disperato, di un uomo che cerca di vivere il suo amore perduto per tutta la vita che gli resta. Nino han fatto fatica a capirlo anche i suoi figli. Pozzetto evidentemente no.
Porse per la prima volta nella sua carriera d’attore ha rinunciato a essere una maschera, s’è sentito sé stesso. Molti anni fa quando tentò la carta della regia, misi un titolo probabilmente cattivo per la recensione II fondo del Pozzetto. Oggi sono lieto di constatare che il Renato è arrivato al top.
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