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Sergio Japino chi è il compagno storico di Raffaella Carrà? Età, carriera, lavoro, vita privata e figli



Come tutti sappiamo purtroppo ormai da due giorni circa Raffaella Carrà c’ha lasciati. Stiamo parlando di una delle più grandi showgirl, conduttrice, ballerina, cantante di tutti i tempi. Sicuramente ha contribuito a scrivere la storia della televisione italiana e la sua morte ha lasciato letteralmente tutti senza parole. Riguardo la sua carriera sappiamo tanto così come realtà della sua vita privata. Sappiamo infatti che ha avuto due storie d’amore molto importanti ovvero una con Gianni Boncompagni e l’altra con Sergio Japino. È stato proprio quest’ultimo a comunicare la morte di Raffaella pubblicando un post piuttosto commovente. Ma cosa conosciamo di lui e soprattutto della sua vita privata?



Sergio Japino chi è l’ex compagno di Raffaella Carrà

Di lui sappiamo che è un noto coreografo e regista ed è anche autore televisivo. E’ nato a Latina il 17 settembre 1952 ed ha 69 anni. Sembra che abbia esordito nel mondo dello spettacolo come ballerino, dopo essersi formato per diversi anni e dopo aver fatto tanto allenamento con Gino Landi.

Carriera

Negli anni Ottanta è diventato un famoso coreografo e pare che abbia lavorato per diversi programmi Rai di un certo calibro come Fantastico 3 e Pronto Raffaella?. È stato proprio in quel periodo che ha conosciuto la Carrà e dopo un po’ di tempo è nata la loro relazione. I due hanno collaborato per diversi anni e inizialmente sono diventati tanto amici. Poi ad un certo punto la loro relazione si è trasformata ed i due si sono tanto amati per ben 17 anni. Effettivamente Sergio è conosciuto per essere il compagno storico di Raffaella Carrà. Ecco anche altri programmi storici firmati da Japino e condotti dalla Carrà, tra questi Raffaella Carrà Show, Benvenuta Raffaella, Il Principe Azzurro, Ricomincio da Due e Fantastico 12.

Vita privata

Riguardo la sua vita privata sappiamo quindi che è stato il compagno di Raffaella Carrà per 17 anni. I due pare che abbiano collaborato per tantissimo tempo e anche in seguito alla loro separazione che è avvenuta intorno agli anni 90. Il rapporto di stima e di amicizia Ad ogni modo non si è mai interrotto, tanto che a dare l’annuncio della morte di Raffaella è stato proprio lui e nessun altro. Sergio è anche papà di una donna di nome Jessica. Non sappiamo se attualmente sia single oppure se abbia suo fianco una donna. È molto attivo sui social network e nello specifico su Instagram dove ha un account piuttosto seguito.

Davanti alla scomparsa di una star planetaria e strapaesana, perfettamente giocai, occorre iniziare da alcune domande-chiave: chi è stata Raffaella Carrà? Cos’è stata Raffaella Carrà? Come è stata Raffaella Carrà? Dove è andata Raffaella Carrà?

L’ultimo quesito sembrerebbe il più semplice, visto la vignetta che circola in questi giorni ritraendo Dio in persona, nell’atto di ballare il tuca tuca con lei. Naturalmente il sacro dito mira all’ombelico della diva, l’omphalos greco, l’ombelico del mondo — ma con l’incredulità di un San Tommaso intento a tastare dubbioso questa nuova divinità appena assunta in cielo. Apoteosi di Carrà, insomma, sebbene con risvolti piuttosto enigmatici.

Una mostra è organizzata al Jeu de Paume di Parigi nel 2020 da Peter Szendy, Emmanuel Alloa e Marta Ponsa con il titolo The Supermarket of Images descriveva la nostra esistenza in un mondo sempre più saturo di immagini. Basti pensare (ma il numero è per difetto) che sui social network vengono condivise ogni giorno più di tre miliardi di immagini. Nel libro all’origine della mostra, l’aspetto economico dell’esistenza delle immagini è chiamato iconomy, in quanto immagini di economia coinvolgono sempre l’economia dell’immagine e viceversa (cito da un articolo apparso su Digicult). Ebbene, se lo spazio di visibilità sembra essere ormai traboccante, come se non esistessero più spiragli vacanti, pure, alcune di queste immagini riescono a imporsi con una forza miracolosa. E qui torniamo a Carrà.

Confesso che tale concetto di donna-stemma mi ha sempre affascinato per la sua estrema disponibilità, per la sua totale apertura. Chi è stata Raffaella Carrà? Su Wikipedia la si definisce showgirl, cantante, ballerina, attrice, conduttrice e autrice televisiva. Ma diciamo la verità: per noi rimane una specie di ologramma, un vortice coreutico e canoro, una danzatrice che danza a modo suo, e a modo suo canta, e allude e stuzzica e accende (da cui l’intraducibile aggettivo francese “allumeuse”). Non per niente, in un mondo ancora totalmente patriarcale, il quotidiano britannico Guardian la incoronò sex symbol continentale, definendola «l’icona culturale che ha insegnato all’Europa le gioie del sesso». Troppa grazia, e troppi errori, perché Carrà non insegnava niente, ma tutt’al più suggeriva, e proprio in questo stava il suo magnetismo.

Politica sessuale

Parentesi: a proposito di mondo patriarcale. Ma non è incredibile che a Milano, la patria della borghesia illuminata e illuminista di Verri e Beccaria, su su fino ad Arbasino, la statua di Cristina Trivulzio di Belgiojoso sarà l’unica, su ben 121, dedicata a una donna (fatta eccezione, ovviamente, per la Madonnina)? Con ciò non voglio certo proporre Carrà a seconda figura femminile da effigiare nel marmo o nel bronzo. Dissento, anzi, dall’enfasi con cui la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha scritto su Twitter che la sua assenza è un “rumore” al quale non ci abitueremo mai. Altre sono le assenze a cui non ci si potrà mai rassegnare. Tuttavia questa digressione gender serve a contestualizzare il fascino carrambico, collocandolo all’interno di una politica sessuale ormai, e per fortuna, irrimediabilmente datata.

Basti pensare a Sordi (cui allude la figura di Dio nell’illustrazione ricordata), che impazzisce, delira, davanti alle movenze della sua Salomè. Se solo la danzatrice dei sette veli gli avesse chiesto la testa di San Giovanni, Al-bertone se la sarebbe procurata di corsa. In un recente articolo, Andrea Cortellessa parla di anancasmo (dal greco “costrizione, violenza”) come sinonimo di ossessione, con una specifica accezione psichiatrica. Ecco, la scena del tuca tuca mostra il maschio preda di un’ossessione senza rimedio. Ora, secondo Cortellessa, le figure anancastiche per antonomasia sono nientedimeno che le Ninfe.

Proviamo a vedere perché. Negli ultimi anni, come è stato notato, studiosi come Roberto Calasso, Jean-Luc Nancy e Giorgio Agamben, con ricerche a cavallo tra letteratura, filosofia, storia dell’arte e antropologia, sono stati attratti da queste antiche creature mitologiche, che stringono uno strettissimo legame tra Anima e Sessualità. Fenomeno di “divina follia”, per i Greci la possessione andava riportata alla figura della Ninfa, «provocatrice della possessione primigenia, la possessione erotica, che colpisce non solo gli uomini ma gli dèi». Il libro di Calasso del 2005, La follia che viene dalle ninfe, indagava appunto una «conoscenza attraverso la possessione». Da qui alla Lolita di Vladimir Nabokov (e poi di Stanley Kubrick) il passo è breve, e memorabile il suo insegnamento: «Possedere significa essere posseduti».



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